EDGAR ALLAN POST
Quello di oggi è un post dedicato ad uno dei miei più grandi miti: Edgar Allan Poe. Cari signori, forse non tutti sanno che oggi, 19 gennaio 2015 Edgar compie proprio 206 anni.
Tanti auguri, caro maestro, che le tue opere continuino ad ispirare generazioni di giovani scrittori in erba, e che sia per te un altro onorevole anno, in cui nuove persone verranno in tua conoscenza.
Qua di seguito un mio racconto, risale a questo Natale, non è neppure un granché se pensiamo a questo grande personaggio, e ho voluto aspettare un po' a pubblicarlo perché è più o meno in questo periodo che la vita quotidiana ci fa separare dall'atmosfera del Natale che è stata, quindi auguro a tutti una buona lettura!
TERRORE NELLA NOTTE DI NATALE
“La
critica è miope;
ma la gloria è
presbite”
Pierangelo
Baratono
Avevo perso
il controllo di me stesso! Non sapevo che cosa mi stesse succedendo,
ma era il pomeriggio di un 24 dicembre, questo sì, lo ricordo, ed
avevo appena trascorso un pomeriggio con gli amici.
Lo giuro!
Non mi sono ubriacato né ho fatto uso di droghe, ma stando accanto a
gente che l'aveva fatto la sensazione era proprio quella. Avevo la
vista offuscata e camminavo mentre mi ronzavano tra la testa mille
parole, provenienti da mille bocche diverse contemporaneamente, e
udivo tutti i suoni attorno a me.
Tornato a
casa fui catapultato in un clima di tristezza.
Mia nonna se
n'era andata, dopo una lotta contro il suo male, proprio il mese
scorso, lasciando nella mia famiglia un grande vuoto. Ieri invece il
maltempo aveva causato molti disagi e alcune zone sono rimaste
allagate, come l'ufficio di mio padre, lui ora è a cercare quanto
rimane dei suoi documenti, per questo che questa notte mancherà
anche lui. E i miei zii sono fuori città per lavoro.
Rimanevamo
in casa io, mia madre, e mio fratello, che ha solo otto anni.
Così ci
apprestavamo a passare uno dei Natali più tristi, da soli in casa,
forse con una piccola cena in cucina.
Mia madre
stava preparando qualcosa da mangiare, mentre io e mio fratello
eravamo in camera nostra, lui a giocare, io che leggevo “Il grande
Gatsby” di Fitzgerald. Tuttavia ad un tratto si sentirono dei
rumori, non come in cucina, ma da fuori. Ma come? In casa c'eravamo
solo noi, forse era la mamma andata da qualche altra parte che tirava
fuori qualche oggetto, ma mio fratello subito tese l'orecchio.
Era un
bambino biondo, dagli occhi azzurri, e se non l'avessi visto uscire
direttamente dalle viscere di mia madre non avrei mai detto che lui
fosse mio fratello. Io invece ero un ragazzo alto, capelli e occhi
neri, dalla carnagione abbronzata, facilmente confondibile con un
arabo.
Andammo a
vedere in cucina, magari la mamma aveva bisogno di aiuto, tuttavia
lei non c'era, non c'era nessuno in casa, da nessuna parte, l'abbiamo
girata da cima a fondo, da cima a fondo vi dico.
Mi girava la
testa, mi sentivo come drogato e me ne tornai in camera, mio fratello
mi seguì.
Mi stesi sul
letto e non mi mossi più. Un po' di riposo.
Mio fratello
invece era palesemente più inquieto.
Altri rumori
provenire da oltre la nostra porta.
Avevamo
appena girato la casa! Com'era possibile? Tuttavia sentimmo dei
rumori in camera dei nostri genitori, ma aspettammo, dubitosi e
impietriti dal terrore, alla fine mossi un passo e mi alzai, aprii la
porta. Oramai la sera era inoltrata e nella casa regnava la penombra.
Aprii la
porta dei miei, la luce era accesa e la camera era messa
completamente a soqquadro.
Rimasi a
bocca aperta, lì stupito, e per un po' non mi mossi, mio fratello
scappò subito in camera.
Ma proseguii
il mio cammino, dovevo penetrare questo mistero,e mentre mi
allontanavo mio fratello mi raggiunse.
Sentimmo in
quell'attimo il rumore di chi mette cose dentro la lavatrice, quindi
ci avvicinammo alla lavanderia.
Entrati non
c'era nessuno, ma tutti i vestiti che erano stati portati via dalla
camera dei nostri erano lì, alcuni inseriti nella lavatrice.
Scambiai uno sguardo più che di terrore, stupito.
Mio fratello
andò vicino alla lavatrice e premette il tasto ON. Allorché io l'ho
ritratto e ci siamo nascosti dietro alla scrivania. Da fuori si
continuavano a sentire dei rumori. Rumori, non meglio definiti, come
di qualcuno che trafficasse, proprio con roba, roba varia, non
riuscivo a capire, da dietro la lavatrice allungai un braccio per
premere il tasto OFF. Pensai che mentre lo facevo qualcuno avrebbe
potuto tagliarmi un braccio, o bloccarmi, ma non succedette nulla di
simile e trovai subito il tasto.
Premuto,
sgattaiolai di nuovo dietro. Dissi a mio fratello che dovevamo
assolutamente o nasconderci in camera e barricare la porta, o, cosa
ben più intelligente, scappare dalla casa.
Così
dicendo lui scosse la testa e mi disse che non si sarebbe mosso più.
Allorché
decisi di lasciarlo momentaneamente lì, ed io iniziai ad avvicinarmi
alla mia camera. E sentii i rumori, che provenivano dalla stanza che
io stavo per attraversare, e me ne accorsi mentre la stavo
attraversando, al che mi girai e non vidi assolutamente nulla, nulla,
tutto in ordine.
E scappai
subito in avanti, ma con la testa rivolta all'indietro. Pensai che
sarebbe finita come in quei film horror americani, stai girato da una
parte sentendoti già più al sicuro e l'assassino compare dall'altra
parte, ti conficca il coltellaccio nello stomaco, tu cadi a terra,
vedi la sua faccia ma non potrai mai parlarne con nessuno. Impietrito
in questi pensieri stetti a lungo, lì, guardando in ogni direzione,
finché non mi vibrò il cellulare in tasca. Sullo schermo compariva
scritto questo “... sta scrivendo”.
Al che corsi
per arrivare in camera mia, ma quest'ultima era stata messa a
soqquadro, e tutti i vestiti erano stati sottratti. Vidi sulla mia
scrivania “I racconti del grottesco e dell'arabesco” di Allan
Poe. Lo presi istintivamente e uscii. Dovevo arrivare all'ingresso e
scappare, lasciare al fin quest'antro di sventure e tentare di
dimenticare l'indimenticabile.
Così a
passo svelto ma felpato mi diressi verso la porta.
Ora non si
sentiva più nulla, né un rumore, né altro, ed arrivai all'uscio,
presi la maniglia e aprii la porta. Davanti al me il bujo, in
lontananza qualche luce natalizia come a segnarmi il cammino,
tuttavia pensai a mio fratello, che di là non si voleva muovere, ma
pensai: che razza di fratello maggiore sono? Lo devo salvare, e se
non vuole venire lui lo prenderò in braccio.
Così mi
diressi verso la lavanderia nuovamente, lui mi vide e mi saltò al
collo. Gli dissi che la strada era libera, che dovevamo solo
raggiungere la porta e basta, quella disavventura sarebbe finita lì,
avremmo dato l'allarme e fine della storia.
Così lui si
alzò, mi diede la mano e ci avvicinammo alla porta, ancora nessun
romore, la porta era già aperta, ma ecco. Il coltellaccio che avevo
immaginato prima ora si era materializzato. Forse lo stesso che aveva
fatto scomparire mia madre. Mi traforò un polmone, non feci in tempo
a girarmi che lo sentii al collo, fermo, sentivo la sensazione di
fresco dell'acciaio mentre perdevo sangue e respiro. Poi il coltello
si mosse e affondò nella carne. Ero appena stato decapitato. La
testa cadde dinnanzi a mio fratello.
Volevo
urlare, scappa, almeno tu scappa, ma non potevo, tuttavia continuavo
a vedere, eccome se vedevo, ma lui rimaneva immobile mentre io
muovevo la bocca invano.
Le mie
povere membra riposavano quando la vista subito si offuscò, i
pensieri iniziarono a raggelarsi nel mio cervello, che non dié più
un segno, ed ecco il battesimo alla fatal quiete.
PS: In questi giorni dovrei anche riuscire a pubblicare una mia biografia di Poe, successivamente un articolo inerente alla critica quotidiana e alle azioni terroristiche recentemente avvenute. Quindi continuate a seguirmi!
Buona settimana!
Davide
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