lunedì 19 gennaio 2015

EDGAR ALLAN POST

EDGAR ALLAN POST

Quello di oggi è un post dedicato ad uno dei miei più grandi miti: Edgar Allan Poe. Cari signori, forse non tutti sanno che oggi, 19 gennaio 2015 Edgar compie proprio 206 anni.
Tanti auguri, caro maestro, che le tue opere continuino ad ispirare generazioni di giovani scrittori in erba, e che sia per te un altro onorevole anno, in cui nuove persone verranno in tua conoscenza.
Qua di seguito un mio racconto, risale a questo Natale, non è neppure un granché se pensiamo a questo grande personaggio, e ho voluto aspettare un po' a pubblicarlo perché è più o meno in questo periodo che la vita quotidiana ci fa separare dall'atmosfera del Natale che è stata, quindi auguro a tutti una buona lettura!

TERRORE NELLA NOTTE DI NATALE
  “La critica è miope;
ma la gloria è presbite”
Pierangelo Baratono


Avevo perso il controllo di me stesso! Non sapevo che cosa mi stesse succedendo, ma era il pomeriggio di un 24 dicembre, questo sì, lo ricordo, ed avevo appena trascorso un pomeriggio con gli amici.
Lo giuro! Non mi sono ubriacato né ho fatto uso di droghe, ma stando accanto a gente che l'aveva fatto la sensazione era proprio quella. Avevo la vista offuscata e camminavo mentre mi ronzavano tra la testa mille parole, provenienti da mille bocche diverse contemporaneamente, e udivo tutti i suoni attorno a me.
Tornato a casa fui catapultato in un clima di tristezza.
Mia nonna se n'era andata, dopo una lotta contro il suo male, proprio il mese scorso, lasciando nella mia famiglia un grande vuoto. Ieri invece il maltempo aveva causato molti disagi e alcune zone sono rimaste allagate, come l'ufficio di mio padre, lui ora è a cercare quanto rimane dei suoi documenti, per questo che questa notte mancherà anche lui. E i miei zii sono fuori città per lavoro.
Rimanevamo in casa io, mia madre, e mio fratello, che ha solo otto anni.
Così ci apprestavamo a passare uno dei Natali più tristi, da soli in casa, forse con una piccola cena in cucina.
Mia madre stava preparando qualcosa da mangiare, mentre io e mio fratello eravamo in camera nostra, lui a giocare, io che leggevo “Il grande Gatsby” di Fitzgerald. Tuttavia ad un tratto si sentirono dei rumori, non come in cucina, ma da fuori. Ma come? In casa c'eravamo solo noi, forse era la mamma andata da qualche altra parte che tirava fuori qualche oggetto, ma mio fratello subito tese l'orecchio.
Era un bambino biondo, dagli occhi azzurri, e se non l'avessi visto uscire direttamente dalle viscere di mia madre non avrei mai detto che lui fosse mio fratello. Io invece ero un ragazzo alto, capelli e occhi neri, dalla carnagione abbronzata, facilmente confondibile con un arabo.
Andammo a vedere in cucina, magari la mamma aveva bisogno di aiuto, tuttavia lei non c'era, non c'era nessuno in casa, da nessuna parte, l'abbiamo girata da cima a fondo, da cima a fondo vi dico.
Mi girava la testa, mi sentivo come drogato e me ne tornai in camera, mio fratello mi seguì.
Mi stesi sul letto e non mi mossi più. Un po' di riposo.
Mio fratello invece era palesemente più inquieto.
Altri rumori provenire da oltre la nostra porta.
Avevamo appena girato la casa! Com'era possibile? Tuttavia sentimmo dei rumori in camera dei nostri genitori, ma aspettammo, dubitosi e impietriti dal terrore, alla fine mossi un passo e mi alzai, aprii la porta. Oramai la sera era inoltrata e nella casa regnava la penombra.
Aprii la porta dei miei, la luce era accesa e la camera era messa completamente a soqquadro.
Rimasi a bocca aperta, lì stupito, e per un po' non mi mossi, mio fratello scappò subito in camera.
Ma proseguii il mio cammino, dovevo penetrare questo mistero,e mentre mi allontanavo mio fratello mi raggiunse.
Sentimmo in quell'attimo il rumore di chi mette cose dentro la lavatrice, quindi ci avvicinammo alla lavanderia.
Entrati non c'era nessuno, ma tutti i vestiti che erano stati portati via dalla camera dei nostri erano lì, alcuni inseriti nella lavatrice. Scambiai uno sguardo più che di terrore, stupito.
Mio fratello andò vicino alla lavatrice e premette il tasto ON. Allorché io l'ho ritratto e ci siamo nascosti dietro alla scrivania. Da fuori si continuavano a sentire dei rumori. Rumori, non meglio definiti, come di qualcuno che trafficasse, proprio con roba, roba varia, non riuscivo a capire, da dietro la lavatrice allungai un braccio per premere il tasto OFF. Pensai che mentre lo facevo qualcuno avrebbe potuto tagliarmi un braccio, o bloccarmi, ma non succedette nulla di simile e trovai subito il tasto.
Premuto, sgattaiolai di nuovo dietro. Dissi a mio fratello che dovevamo assolutamente o nasconderci in camera e barricare la porta, o, cosa ben più intelligente, scappare dalla casa.
Così dicendo lui scosse la testa e mi disse che non si sarebbe mosso più.
Allorché decisi di lasciarlo momentaneamente lì, ed io iniziai ad avvicinarmi alla mia camera. E sentii i rumori, che provenivano dalla stanza che io stavo per attraversare, e me ne accorsi mentre la stavo attraversando, al che mi girai e non vidi assolutamente nulla, nulla, tutto in ordine.
E scappai subito in avanti, ma con la testa rivolta all'indietro. Pensai che sarebbe finita come in quei film horror americani, stai girato da una parte sentendoti già più al sicuro e l'assassino compare dall'altra parte, ti conficca il coltellaccio nello stomaco, tu cadi a terra, vedi la sua faccia ma non potrai mai parlarne con nessuno. Impietrito in questi pensieri stetti a lungo, lì, guardando in ogni direzione, finché non mi vibrò il cellulare in tasca. Sullo schermo compariva scritto questo “... sta scrivendo”.
Al che corsi per arrivare in camera mia, ma quest'ultima era stata messa a soqquadro, e tutti i vestiti erano stati sottratti. Vidi sulla mia scrivania “I racconti del grottesco e dell'arabesco” di Allan Poe. Lo presi istintivamente e uscii. Dovevo arrivare all'ingresso e scappare, lasciare al fin quest'antro di sventure e tentare di dimenticare l'indimenticabile.
Così a passo svelto ma felpato mi diressi verso la porta.
Ora non si sentiva più nulla, né un rumore, né altro, ed arrivai all'uscio, presi la maniglia e aprii la porta. Davanti al me il bujo, in lontananza qualche luce natalizia come a segnarmi il cammino, tuttavia pensai a mio fratello, che di là non si voleva muovere, ma pensai: che razza di fratello maggiore sono? Lo devo salvare, e se non vuole venire lui lo prenderò in braccio.
Così mi diressi verso la lavanderia nuovamente, lui mi vide e mi saltò al collo. Gli dissi che la strada era libera, che dovevamo solo raggiungere la porta e basta, quella disavventura sarebbe finita lì, avremmo dato l'allarme e fine della storia.
Così lui si alzò, mi diede la mano e ci avvicinammo alla porta, ancora nessun romore, la porta era già aperta, ma ecco. Il coltellaccio che avevo immaginato prima ora si era materializzato. Forse lo stesso che aveva fatto scomparire mia madre. Mi traforò un polmone, non feci in tempo a girarmi che lo sentii al collo, fermo, sentivo la sensazione di fresco dell'acciaio mentre perdevo sangue e respiro. Poi il coltello si mosse e affondò nella carne. Ero appena stato decapitato. La testa cadde dinnanzi a mio fratello.
Volevo urlare, scappa, almeno tu scappa, ma non potevo, tuttavia continuavo a vedere, eccome se vedevo, ma lui rimaneva immobile mentre io muovevo la bocca invano.
Le mie povere membra riposavano quando la vista subito si offuscò, i pensieri iniziarono a raggelarsi nel mio cervello, che non dié più un segno, ed ecco il battesimo alla fatal quiete.

PS: In questi giorni dovrei anche riuscire a pubblicare una mia biografia di Poe, successivamente un articolo inerente alla critica quotidiana e alle azioni terroristiche recentemente avvenute. Quindi continuate a seguirmi!
Buona settimana!
Davide

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