Il delitto irrisolto
Se poi avrò un cospicuo numero di lettori potrò pensare di aprire pagine facebook, google eccetera, ma soprattutto la creazione di una newsletter e un sito di archiviazione, quando gli articoli saranno proprio tanti, per il momento si prosegua il lavoro in tale maniera.
Chi vuole mi può scrivere un suo articolo o racconto, lo leggerò e lo potrò pubblicare, magari in uno spazio apposito se ne riceverò più di uno.
Bene, vi lascio al racconto, buona serata!
PS: Questo racconto è il risultante di una piccola sfida di scrittura creativa insieme a dei miei amici, partendo da una trama e stabilendo un tempo, in questo caso 40 minuti(Per scrivere il racconto qui di seguito). Poi i racconti così elaborati sono passati a giudici che hanno decretato i vincitori. E' uno stile che consiglio a tutti coloro che hanno piacere a scrivere.
Il delitto
irrisolto
A
volte capita di non riuscire a spiegare, neppure a sé stessi certe
cose.
Inutile
nasconderlo, noi tutti abbiamo cose che non capiamo, penso che tutta
la terra abbia cose che non capisce, a partire dalle domande
esistenziali.
Quello
che però è successo questa notte, in casa Malaffi ha qualcosa di
più; è inquietante.
Sì,
ce ne sono di cose inquietanti, oggi la gente guarda i film
inquietanti, legge libri inquietanti e fa discorsi inquietanti,
tuttavia, quando vieni tu stesso a contatto davvero con una di queste
cose, non puoi fare a meno di rimanerne colpito, e se sarai
fortunato, non nel vero senso della parola.
Doveva
essere mezzanotte meno qualche minuto quando la signora Malaffi,
un'anziana dall'aspetto signorile, rincasò.
Di
solito lei non usciva spesso la sera, ma quella notte le venne voglia
di uscire, siccome non riusciva a prendere sonno.
E
così il suo cane Peggy rimase da solo.
Quando
la signora arrivo a casa, sul tappetino, davanti al portone della sua
villa, ecco il macabro epilogo, la testa di Peggy e un piccolo
biglietto, i cui caratteri erano minuscoli e la signora dovette
tirare fuori il suo occhialino da tasca, per riuscire a leggervi.
Quando
lesse ebbe un principio di malore. Sul biglietto infatti c'era
scritto: “Potevi salvarmi”.
Si
dia il caso che un giovane passasse da quelle parti; esso, vedendo la
signora a terra e la testa di un cane mozzato, subito prestò un
primissimo soccorso alla donna, che si riprese, e chiamò polizia ed
ambulanza.
L'autoambulanza
arrivò a sirene spiegate, tuttavia per la signora non c'era nulla di
grave, è stato solo lo spavento.
La
polizia, arrivata, vide la testa di Peggy e poi trovarono il
biglietto. Neppure il primo agente riuscì a leggere, il secondo, che
aveva gli occhiali lesse.
La
polizia, forse per risolvere in fretta la questione, disse che si era
trattato dello scherzo di cattivo gusto di qualche ragazzaccio.
Aperto
il portone, le due guardie iniziarono a cercare il resto del corpo
della creaturina straziata.
La
villa di notte era molto poco illuminata e solo la fioca luce di
qualche lampione della strada e la luce della luna, piena e vicina al
perigeo forniva qualche indicazione alla polizia.
Le
ricerche non portarono risultati, ed un primo agente tornò indietro.
Questi
disse alla signora che le ricerche, al buio, era inutile farle, e
sarebbero riprese alle luci del sole.
Ma
la signora aveva ancora paura, e non si era ancora ripresa dallo
shock.
Per
lei Peggy era qualcosa di più di un cane. L'aveva adottato dopo la
morte di suo marito, per non sentirsi troppo sola, ed ora, dopo otto
anni passati insieme, Peggy era morto.
Alla
signora fu quindi proposto di andare in questura, ma poi si fece
forza e disse che avrebbe dormito nella sua villa.
E
così il giovane che l'aveva soccorsa all'inizio, accompagnò
l'anziana straziata lungo il corridoio del giardino della villa.
Arrivati
davanti a casa, la signora stava aprendo la porta, ma dei rumori,
come dei gemiti meccanici provenivano da lì vicino, in ogni caso,
dall'esterno della villa.
Così
la Malaffi invitò il giovane ad entrare, ed il giovane accettò.
La
signora preparò un te', caldo, scottante, ma fuori faceva freddo, un
te' del genere avrebbe fatto piacere al giovane.
“Posso
chiederle come si chiama?” chiese l'anziana.
“Io?
Be', diciamo che mi chiamo... Sergio, sì Sergio!” rispose lui,
fosco.
“Secondo
lei sarebbe il caso di chiamare nuovamente la polizia, sa, per quei
rumori...”
“Io
penso che non ci sia nulla di cui preoccuparsi” rispose lui, questa
volta più sicuro.
“Ma...
ma che dice? Allora lei ha capito di che si tratta?”
“Oh,
sì, ho capito da tempo” rispose lui, con un tono sorprendentemente
pacifico, di modo da non destare alcun sospetto. Poi aggiunse:”Dov'è
la testa del cane?”
“Dovrebbe
essere rimasta dove l'abbiamo trovata, così domani la polizia potrà
indagare come verrà, e la scena non sarà mutata”.
“Io
penso di avere la soluzione, andiamo a prendere la testa del cane,
anzi no, lei resti qui”
“Se
lei è davvero sicuro... magari metta una pietra dove l'ha presa, la
testa del mio Peggy”.
E
così “Sergio” si allontanò per il giardino.
Adesso
c'era un silenzio di tomba, là fuori, come tutte le sere, in quella
villa ottocentesca, com'è giusto che sia.
Il
giovane si fece attendere a lungo, passarono venti minuti, prima che
lui tornasse, tanto che la signora Malaffi si stava preoccupando
seriamente di nuovo.
Il
giovane tornò, sorridente, chissà che aveva da sorridere, con la
testa di Peggy tra le mani, e il bigliettino che gli sporgeva dal
taschino dell'impermeabile.
“Ecco,
guardi che ho trovato dentro la sua testa”
E
così mise una mano dentro il cranio dell'animale e, dopo pochi
secondi ne estrasse il cervello.
“Non
è meraviglioso?”
“Lei
deve essere pazzo!”
E
così chiuse a porta in faccia al giovane, prese il suo telefono e
salì al piano di sopra.
Ma
per le scale inciampò e cadde supina.
Sbatté
la testa ma non perse la coscienza.
Era
inciampata nel resto del corpo di Peggy!
Così
guardò la scena inorridita e solo dopo realizzò che l'assassino
doveva quindi essere entrato in casa.
Continuò
a salire per la scala, confusa, inciampò di nuovo, ma questa volta
si aggrappò alla ringhiera.
Arrivata
al piano di sopra rallentò e arrivò davanti alla porta della sua
camera, con molta prudenza la aprì e vi entrò.
L'interruttore
della luce era pochi passi più in là, passi da affrontare al buio
più assoluto.
Ebbene
l'anziana vi entrò ed accese la luce.
La
sua stanza era come l'aveva trovata... sì, esattamente nella stessa
maniera.
Di
sotto si sentirono dei rumori.
Prese
il suo telefono, era arrivato un nuovo messaggio, lo lesse ad alta
voce: “Potevi salvarmi”.
“Peggy,
sei tu?” pronunciò allora quasi tornando rilassata.
Peggy,
ripeté, e ripeté ancora, ogni volta più forte.
Di
sotto qualcuno stava mettendo la stanza a soqquadro a giudicare dai
rumori.
Ricevette
un altro messaggio:”Peggy è morto”.
“E
allora chi sta parlando, chi sta parlando, per Dio!”
E
ancora un messaggio, quasi automatico quando la donna ebbe finito di
parlare:”Perché non vai a vedere di sotto?”
La
donna chiamò la polizia, ma stranamente sembrava irraggiungibile.
Così,
confusa, non capendo più un granché di ciò che succedeva intorno a
lei, sempre col telefono in mano uscì dalla stanza.
Sotto
ancora i rumori.
Per
le scale il corpo di Peggy non c'era più.
La
donna proseguì lo stesso.
Al
piano terra, sul tappeto, la testa di Peggy era vicina al resto del
suo corpo di beagle.
E
così la donna si avvicinò alla cucina, da dove provenivano rumori
di pentole.
Allora
si sentì tirare all'indietro.
Qualcosa
poi l'accecò, la signora fece però in tempo a sentire le sensazioni
di un qualcosa di freddo che le trapassava la pupilla, una
sensazione, inutile a dirsi, orribile.
Poi
si sentì come tagliare la gola, ed iniziò a mancarle il respirò.
Quando
i poliziotti l'indomani ripresero le ricerche trovarono il corpo
della donna, anch'essa dalla testa mozzata.
Vicino
al suo corpo il cellulare con un messaggio non letto, il poliziotto
lo lesse a voce alta:”A te, però, non ti poteva salvare nessuno”.
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