mercoledì 12 agosto 2015

IL FIUME

IL FIUME

CULTURA D'ESTATE 64


Era da un po' di tempo che non vi riportavo un mio racconto, vero?
Oggi invece vi riporto Il fiume. L'ho scritto poco più di una settimana fa. Potrà subire qualche piccola modifica, ma dovrebbe più o meno apparire come oggi ve lo farò apparire. 
Buona lettura(E' una prima assoluta)!



IL FIUME

Questo, secondo te, cosa può voler dire?” Chiese Roberta per telefono all'amica Rosanna.
Sai, non me ne intendo di interpretazione dei sogni, sinceramente non saprei proprio dirti” rispose l'interlocutrice.
Già, peccato, lo chiedo un po' a tutti, comunque. D'altronde io sono sempre stata interessata all'interpretazione dei sogni. Ho letto tutti i libri di Freud e psicanalisti vari, ma anche gli scritti di altri studiosi. Ma sul sogno di questa notte proprio non saprei che dire.
Non so se...”
Scusa, mi chiama mio marito, devo proprio scappare. Un saluto!”
tagliò corto Rosanna interrompendo Roberta, che la salutò prima di posare il telefono.
E se l'amica l'avesse solo liquidata perché non le interessava quello di cui stava parlando? Può anche darsi, ad ogni modo, meglio non complicarsi ancora la vita.
Roberta lo sapeva: aveva sempre avuto questa passione per i sogni, che in fondo vengono proprio da noi stessi, dal nostro subconscio, che crea per noi immagini di ogni tipo.
Così coglieva ogni occasione per parlarne ad altri, peccato però che non molti avessero un interesse così sviluppato. Così, quando lei iniziava a parlare dei suoi sogni e di quelli altrui molte persone cercavano di tagliare corto.
Roberta sapeva che la colpa era sua, e che a molte persone avrebbe potuto stare ben più simpatica di come è attualmente, tuttavia non riusciva a trattenersi: era quello il suo argomento principale, nonché unica passione.
Ma a casa ora lei non aveva proprio più nulla da fare, così si allontanò di casa a bordo della sua bici.
Iniziò a fare un giro per tutta la città. Stava iniziando a fare buio, la temperatura si faceva più mite rispetto al caldo torrido che aveva caratterizzato tutta la giornata, quindi Roberta avrebbe potuto andare più tranquillamente e piacevolmente, senza sudare troppo.
Dopo la sua lunga passeggiata oramai il sole era quasi del tutto tramontato quando lei si ritrovò ad attraversa il fiume attraverso il ponte che conduce verso casa sua.
Mentre Roberta attraversava il ponte vide al di sotto un uomo. Doveva provenire dal Bangladesh, o forse dallo Sri Lanka, lei non era abbastanza esperta per poterlo capire.
Forse era nuovo da queste parti? Perché sembrava intenzionato a bagnarsi e a prendere acqua dal fiume. Lo sanno tutti che una cosa del genere comporterebbe gravi danni in quanto il fiume è radioattivo. Tutte le scorie della centrale lì vicina vengono buttate dentro alle acque di questo corso, che si conclude in una grossa discarica di acqua stagnante alla quale nessuno ha mai osato avvicinarsi.
D'altronde chi farebbe una cosa simile?
Non abitano molte persone da queste parti. Chi è nuovo può leggere i numerosi cartelli che vietano anche solo di avvicinarsi al fiume stesso. Pure sul ponte è consigliato evitare di sostare.
Roberta, vedendo l'uomo sempre più convinto a prendere quell'acqua urlò: “Hei!”
Ma l'uomo sembrò non sentirla e proseguì fino a mettere le mani dentro le acque e a portare al viso quella roba radioattiva.
Non lo faccia!” Urlò con tutte le forze disperata Roberta, fino a che non si svegliò.
Anche quello era stato un sogno, uno strano sogno, come quello che aveva fatto la notte precedente.
E pure quel sogno non riuscì ad essere spiegato con i vari libri degli esperti. Nel pomeriggio Roberta provò addirittura a contattare uno psicanalista sperando che almeno potesse darle informazioni di qualcuno che la possa aiutare.
Per lei è davvero grave non capire che cosa il nostro cervello ci vuole comunicare. E' una cosa che sappiamo ma che non sappiamo allo stesso momento.
Scrive Akira Kurosawa: “I sogni son desideri che l'uomo tiene nascosti anche a se stesso”.Roberta ha sempre trovato il regista giapponese molto affascinante e ha sempre apprezzato i suoi film. Il suo preferito era “Ikiru”, parola che in giapponese significa “vivere”. Ma mai scordarsi di “Yume”, ovvero “Sogni”, altro gran film.
Ma in questa citazione lei non si ritrovava con “desideri”. Certo, li teniamo nascosti a noi stessi, ma perché dovrebbero essere desideri? Gli incubi sono forse desideri?
Leggendo Freud si può capire che noi non desideriamo fare incubi ma quel che vediamo nell'incubo sono effettivamente desideri, anche se inconsci.
Ma Roberta sembrava convinta più di sempre a non crederci. Pensava” Ad esempio oggi: perché mai avrei dovuto desiderare che l'uomo si bagnasse al fiume mortale?”.
Quello a cui lei non pensava era che sapeva che non l'aveva effettivamente desiderato di fatti urlava all'uomo per allertarlo. Tuttavia il desiderio è da cercarsi in un'altra parte del sogno, perché un desiderio deve esserci per forza, o il sogno non avrebbe motivo di esistere.
Non si sembrava comunque essere capaci di risolvere quest'ultimo quesito.
Roberta prese la bici, come nel sogno, ora che si faceva sera, e si avvicinò al centro della città.
Questa era deserta. Non incontrò neppure una persona, lei. Probabilmente erano ancora tutti in casa per ripararsi dal caldo.
Il sole stava tramontando ed ecco che lei torna a casa.
Vede il ponte, vi passa sopra trattenendo il fiato per non respirare le polveri radioattive, ma quando vede chi vi è sotto il ponte, quasi ha un malore.
Era lo stesso uomo del suo sogno. Con lo stesso fare del sogno.
Impietrita Roberta rimase a guardare, consapevole che nel sogno le sue urla non erano servite a nulla. Era terrificata. Qualora avesse voluto dire qualcosa non l'avrebbe comunque potuto fare.
Ma poi, quando lo straniero avvicinò le mani con l'acqua contaminata al viso lei non si svegliò, rimase lì. E capì che questa volta non stava sognando, ma che quella era veramente la sua vita, unica in questa dimensione, l'unica dimensione che poteva sentire lei.
L'uomo si girò: di lui ora non si vedeva la faccia, ma un teschio: l'acqua oramai aveva corroso tutto.
Il cervello, che si stava sciogliendo, fece uscire del fumo dalle orbite degli occhi.

L'ormai cadavere, con il corpo mantenutosi regolarmente e le mani e la testa senza la pelle che sempre avevano avuto, quando tremando stramazzò a terra, sembrò gettare un'occhiata per l'ultima volta cosciente, pur senza occhi, parlando direttamente dal cervello in fumo che evaporava: “Potevi salvarmi”.

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