domenica 9 agosto 2015

LEV TOLSTOJ

LEV TOLSTOJ PARTE II

CULTURA D'ESTATE 62 BIS


E ora, qualche citazione che di lui ho trovato su wikiquote.
Sia chiaro: quanto scrivo non è opera mia, ma già solo il fatto di diffonderla è importante.

  • C'erano momenti in cui, sotto il dominio di questa idea fissa, arrivavo a un tal punto di follia, che mi voltavo rapidamente a guardare dietro di me, dalla parte opposta, nella speranza di cogliere alla sprovvista il vuoto (il néant) lì dove io non c'ero.[fonte 1]
  • Così come il dolore è una sensazione necessaria alla conservazione del nostro corpo, la sofferenza è necessaria alla conservazione della nostra anima.[fonte 2]
  • Dio è quell'infinito Tutto, di cui l'uomo diviene consapevole d'essere una parte finita. Esiste veramente soltanto Dio. L'uomo è una Sua manifestazione nella materia, nel tempo e nello spazio. Quanto più il manifestarsi di Dio nell'uomo (la vita) si unisce alle manifestazioni (alle vite) di altri esseri, tanto più egli esiste. L'unione di questa sua vita con le vite di altri esseri si attua mediante l'amore. Dio non è amore, ma quanto più grande è l'amore, tanto più l'uomo manifesta Dio, e tanto più esiste veramente.[fonte 3]
  • Dove va l'ago va anche il filo.[fonte 4][1]
  • Eroe del racconto, eroe che io amo con tutta l'anima e che ho sempre cercato di riprodurre in tutta la sua bellezza, e che sempre è stato, è e sarà meraviglioso, eroe del mio racconto è la verità.[fonte 5]
  • cavalli compiangono solamente se stessi o, di tanto in tanto, solamente coloro nella cui pelle riescono a immaginarsi senza fatica.[fonte 6]
  • Il contenuto deve essere facile da capire, non astratto. È assolutamente falso. Il contenuto può essere come volete. Ma non si deve sostituire l'andare al sodo con le chiacchiere, non si deve nascondere con parole scelte il vuoto del contenuto.[fonte 7]
  • Il poeta sottrae tutto il meglio della vita per trasferirlo nella sua scrittura. Perciò la sua scrittura è così splendida e la vita così brutta.[fonte 8]
  • Io più di chiunque altro sono debitore di molte cose a Stendhal. Egli mi ha insegnato a capire la guerra.[fonte 9]
  • L'arte è la più alta manifestazione di potenza dell'uomo. Si dà a pochi eletti ed eleva chi è eletto a una tale altezza da far girare la testa, tanto che è difficile non perder il senno. Nell'arte, come in ogni lotta, ci sono eroi che dedicano tutto alla loro missione e che muoiono senza raggiungere lo scopo.[fonte 10]
  • [Su Della vita] L'avevo incominciato con il titolo "Sulla vita e sulla morte", ma quando l'ho terminato, ho cancellato le parole "e sulla morte", perché avevano perduto il loro significato.[fonte 11]
  • L'idea dell'eternità è una malattia dello spirito.[fonte 12]
  • La cometa [di Halley] sta per catturare la Terra, annientare il mondo, e distruggere tutte le conseguenze materiali della mia attività e delle attività di tutti. Ciò prova che tutte le attività materiali, e le loro presunte conseguenze materiali, sono prive di senso. Solo ha un senso l'attività spirituale...[fonte 13]
  • La coscienza stessa mostra all'uomo che l'essenza della sua vita è il desiderio di bene per tutto ciò che esiste, questo desiderio è qualcosa di inspiegabile ed allo stesso tempo è la cosa a lui più vicina e più comprensibile... Ed il desiderio del bene per tutto ciò che esiste è l'inizio di ogni nuova vita, è l'amore, è Dio... Dio è amore.[fonte 14]
  • La vita è un sonno, la morte è il risveglio.[fonte 15]
  • [Su Il regno di Dio è in voi] Mai nessuna opera mi è costata tanta fatica.[fonte 16]
  • Non capite, se giudicate.[fonte 17]
  • Non vi è che un modo per essere felicivivere per gli altri.[fonte 18]
  • Ormai sono convinto che con certi metodi di studio, con la nostra cultura ci proteggiamo dall'enorme vastità del vero sapere e, affaccendandoci entro un piccolo cerchio magico, spesso arriviamo a scoprire con grande sforzo e soddisfazione cose che i marinai sapevano da sempre.[fonte 19]
  • Si pensa comunemente che di solito i conservatori siano i vecchi, e che gli innovatori siano i giovani. Ciò non è del tutto vero. Il più delle volte, conservatori sono i giovani. I giovani, che han voglia di vivere ma che non pensano e non hanno il tempo di pensare a come si debba vivere, e che perciò si scelgono come modello quel genere di vita che v'era prima di loro.[fonte 20]
  • Si produce nel mondo una quantità infinita di combinazioni e di fenomeni di ogni specie. Io sono l'uno di essi. Scomparirò, ma il tempo è infinito, e in seguito la stessa combinazione, lo stesso io deve di nuovo apparire alla fine di un tempo infinito. Ora il tempo infinito durante il quale non sarò, è per me un battito d'occhi. Di conseguenza sarò sempre, mi addormenterò e subito dopo mi risveglierò.[fonte 21]
  • [Su Guerra e pace] Sono stato travolto come da un'ondata di gioia all'idea di scrivere la storia psicologica di Alessandro e Napoleone.[fonte 22]
  • [Ultime parole] Svignarsela! Bisogna svignarsela![fonte 23]
[Secondo altre fonti] La verità... Io amo tanto... come loro...[fonte 24]
  • Volevo il movimento, non un'esistenza quieta. Volevo l'emozione, il pericolo, la possibilità di sacrificare qualcosa al mio amore. Avvertivo dentro di me una sovrabbondanza di energia che non trovava sfogo in una vita tranquilla.[fonte 25]

Citato in Anni con mio padre[modifica]

[Dalla sezione illustrata al centro del libro, dove non sono presenti numeri di pagina]
  • Senza Jasnaja Poljana difficilmente posso raffigurarmi la Russia... Senza quel villaggio vedrei forse più chiaramente le leggi generali riferibili alla mia patria, ma non l'amerei con passione.
  • Le conversazioni non rafforzano le buone relazioni ma, al contrario, le danneggiano. Bisogna parlare il meno possibile, specialmente con coloro ai quali teniamo.
  • Io dirò la verità sulle donne quando avrò un piede nella tomba. La dirò, salterò nella mia cassa e tirerò giù il coperchio.
  • Fatta una passeggiata a cavallo... Primavera straordinariamente gradevole. Ogni volta non riesco a credere ai miei occhi. È possibile che tutta quella bellezza nasca dal niente?
  • Il progresso morale dell'umanità lo si deve ai vecchi. I vecchi diventano migliori e più saggi, trasmettono la loro esperienza alle nuove generazioni. Senza di loro l'umanità rimarrebbe stazionaria.
  • Ho attraversato la foresta mentre il sole tramontava. Sotto i piedi l'erba fresca, stelle in cielo, profumo di citisi fioriti... Ho pensato alla morte e chiaramente ho sentito che sarà ugualmente meraviglioso... al di là della morte.

Citato in Devoto a Tolstoj[modifica]

  • In generale, è una regola: più la carta e l'ortografia sono cattive, più la busta è sporca, più il contenuto [delle lettere] è serio e importante. (p. 85)
  • Com'è bella, com'è meravigliosa la vecchiaia! Non ci sono più desideri, né passioni, né la minima agitazione, né vanità! (p. 99)
  • Ciò che ci sconcerta generalmente, è che il lavoro del nostro perfezionamento interiore dipende unicamente da noi, e perciò ci sembra di poca importanza; invece, l'organizzazione della vita esteriore è legata alle conseguenze della vita degli altri, ed è solo per questo che ci sembra più importante. (p. 130)

Citato in Saggezza dell'Oriente[modifica]

  • È impossibile figurarsi nella vita un uomo privo del libero arbitrio. (p. 26)
  • Non si può essere buoni a metà. (p. 36)
  • È coraggioso colui che teme quel che deve temersi, e non teme quel che non deve temersi. (p. 46)
  • Come una candela accende un'altra e così si trovano accese migliaia di candele, così un cuore accende un altro e così si accendono migliaia di cuori. (p. 54)
  • Più gli uomini crederanno dipendere solo da loro il modificare la propria vita, e più questo diverrà possibile. (p. 62)
  • In una società dove esiste, sotto qualunque forma, lo sfruttamento o la violenza, il denaro non può assolutamente rappresentare il lavoro. (p. 70)
  • Il solo Tempio veramente sacro è il mondo degli uomini uniti dall'amore. (p. 79)
  • La stima maggiore devesi non già a colui che accumula ricchezza per sé a scapito degli altri, ed ha maggior numero di servitori, ma a chi serve di più gli altri e agli altri dona di più. (p. 85)
  • La legge degli uomini è come la banderuola di un vecchio campanile che varia e si muove secondo come spirano i venti. (p. 135)
  • I pretesi grandi uomini non sono che le «etichette» della storia; essi dànno il loro nome agli avvenimenti, senza neppure avere, come le etichette, il minimo legame col fatto stesso. (p. 140)
  • Ogni essere vivente, avendo la propria costituzione particolare, porta in sé la propria malattia, nuova e sconosciuta alla medicina e spesso molto complessa.
    Essa non deriva esclusivamente né dai polmoni, né dal fegato, né dal cuore: non è menzionata in alcun libro di scienza; è semplicemente il risultato di combinazioni che provoca l'alterazione di uno di questi organi.
    I medici, che passan la vita a curare gl'infermi, vi consacrano gli anni migliori e son pagati per questo, non possono ammettere questa opinione. (pp. 163-164)
  • Le passioni non si sradicano: bisogna che ciascuno possa soddisfarle nei limiti della virtù. (p. 176)
  • Ogni tentativo di dare un significato qualunque alla vita, se la vita non è basata sulla rinuncia dell'egoismo, se non ha per iscopo il servir gli uomini, diventa una chimera che vola a brandelli al primo contatto con la ragione. (p. 182)
  • Un uomo può ignorare d'avere una religione, come può ignorare d'avere un cuore, ma senza religione, come senza cuore, l'uomo non può esistere. (p. 185)

Che cosa è l'arte?[modifica]

Citazioni[modifica]

  • Come i teologi di varie sètte, così anche gli artisti di vari gruppi si escludono e si distruggono a vicenda. (p. 9)
  • La gente può non amare il formaggio putrido o gli starnottini marci o altri cibi apprezzati dai gastronomi di gusto pervertito, ma il pane e la frutta sono buoni solo quando piacciono alla gente. La stessa cosa vale per l'arte: l'arte pervertita può essere incomprensibile alla gente, ma l'arte buona è sempre comprensibile a tutti. (p. 66)
  • Per il mio lavoro sull'arte ho letto questo inverno assiduamente e con grande fatica romanzi e racconti, celebri in tutta l'Europa, di Zola, di Bourget, di Huysman, di Kipling. Durante lo stesso periodo mi è capitato di leggere in una rivista infantile il racconto di uno scrittore assolutamente sconosciuto, che parla dei preparativi per la Pasqua nella famiglia di una povera vedova. [...] Ebbene, la lettura dei romanzi e dei racconti di Zola, di Bourget, di Huysman, di Kipling e di altri, nonostante i soggetti più eccitanti, non mi hanno commosso per un attimo, al contrario, quegli autori mi hanno infastidito tutto il tempo, come ci infastidisce un uomo che ci prende per gente così ingenua da non darsi nemmeno la pena di nascondere il piano dell'inganno con il quale vuole conquistarci. Già dalle prime pagine si vede l'intenzione con la quale egli scrive, tutti i particolari diventano inutili, e ci annoia. Soprattutto il lettore sa che l'autore non ha altro sentimento oltre quello di scrivere un racconto o un romanzo. E per questo non ricava alcuna impressione artistica. D'altra parte invece non posso liberarmi dal racconto dello scrittore sconosciuto sui bambini e sui pulcini, perché sono stato immediatamente contagiato dal sentimento che evidentemente l'autore aveva vissuto e trasmesso. (pp. 113-114)
  • La caratteristica che distingue la vera arte da quella contraffatta è una sola e indubitabile: il contagio dell'arte. [...] non sarà un'opera d'arte se non suscita nell'uomo quel sentimento, completamente differente dagli altri, di gioia nell'unione spirituale con un altro (l'autore) e con altri ancora (gli ascoltatori o spettatori) che contemplano la stessa opera d'arte. (p. 117)
  • Se mi venisse chiesto di indicare nell'arte moderna dei [...] modelli dell'arte superiore, religiosa, proveniente dall'amore di Dio e del prossimo, indicherei nella sfera della letteratura I masnadieri di Schiller, fra i più recenti Les pauvres gens di V.Hugo e i suoi Misérables, le novelle, i racconti, i romanzi di DickensTale of two citiesChimes e altri,La capanna dello zio TomDostoevskij, soprattutto la sua Casa dei morti, e Adam Bede di Eliot. (p. 132)
  • Il compito dell'arte è immenso: l'arte, la vera arte, con l'aiuto della scienza e sotto la guida della religione, deve fare in modo che quella convivenza pacifica degli uomini che ora viene mantenuta con mezzi esterni – tribunali, polizia, istituzioni benefiche, ispezioni del lavoro, eccetera – sia ottenuta mediante la libera e gioiosa attività della gente. L'arte deve sopprimere la violenza. (pp. 173-174)
  • L'arte deve fare in modo che i sentimenti di fraternità e amore per il prossimo, oggi accessibili solamente agli uomini migliori della società, diventino sentimenti abituali, istintivi in tutti. (pp. 175-176)

Explicit[modifica]

La destinazione dell'arte del nostro tempo è di tradurre dalla sfera della ragione alla sfera del sentimento la verità che il bene della gente è nell'unione e di instaurare in luogo della violenza attuale quel regno di Dio, cioè quell'amore che si presenta a noi tutti come fine supremo della vita dell'umanità. Può darsi che in avvenire la scienza rivelerà all'arte nuovi, ancora più alti ideali, e che l'arte li realizzerà ma nel nostro tempo la destinazione dell'arte è chiara e ben determinata. Il compito dell'arte cristiana è la realizzazione dell'unione fraterna degli uomini.

Citazioni su Che cosa è l'arte?[modifica]

  • [Per Tolstoj], dopo aver iniziato il lavoro fisico, l'opera letteraria si fece più massiccia. Fu durante il tempo libero, in questo periodo di yajna[2], che scrisse quello che descriveva come il suo lavoro più importante, Cos'è l'Arte? (Mahatma Gandhi)
  • Non può stupirci il fatto che il suo famoso saggio Che cos'è l'arte? (1897) sia una critica radicale di tutta l'arte passata, e soprattutto della sua. La nuova arte preconizzata da Tolstoj nel suo trattato è in realtà «non-arte», ossia essenzialmente riflessione e giudizio sulla vita, sforzo di scoprire e insegnare il suo significato e le leggi secondo cui l'uomo deve vivere. Non è quindi arte, bensì morale, almeno nella misura in cui è possibile operare una netta distinzione tra queste due categorie dello spirito. (Gianlorenzo Pacini)
  • Oggi ho trascritto l'articolo di Lev Nicolaevič sull'arte. Dappertutto si parla con indignazione della presenza eccessiva e morbosa dell'amore (la mania erotica) in tutte le opere d'arte. E Saša stamattina mi ha detto: «Papà stamattina è allegro e tutti sono allegri, perché lo è lui!» Ma se sapesse che papà è sempre allegro a causa di quell'amore che lui nega! (Sof'ja Tolstaja)

Che fare?[modifica]

  • Trent'anni fa ho visto a Parigi decapitare un uomo con la ghigliottina, in presenza di migliaia di spettatori. Sapevo che si trattava di un pericoloso malfattore; conoscevo tutti i ragionamenti che gli uomini hanno messo per iscritto nel corso di tanti secoli per giustificare azioni di questo genere; sapevo che tutto veniva compiuto consapevolmente, razionalmente; ma nel momento in cui la testa e il corpo si separarono e caddero diedi un grido e compresi, non con la mente, non con il cuore, ma con tutto il mio essere, che quelle razionalizzazioni che avevo sentito a proposito della pena di morte erano solo funesti spropositi e che, per quanto grande possa essere il numero delle persone riunite per commettere un assassinio e qualsiasi nome esse si diano, l'assassinio è il peccato più grave del mondo, e che davanti ai miei occhi veniva compiuto proprio questo peccato. (pp. 18-19)
  • Compresi, in realtà, solo ciò che sapevo da moltissimo tempo, quella verità che è stata trasmessa agli uomini sin dai tempi più antichi, da Buddha, da Isaia, da Lao-Tse, daSocrate e, in modo particolarmente chiaro e inequivocabile, da Gesù Cristo e dal suo predecessore Giovanni Battista. Giovanni Battista, alla domanda degli uomini: «Che dobbiamo fare?», ha risposto in modo semplice, breve e chiaro: «Chi ha due tuniche, ne dia una a chi non ne ha, e chi ha da mangiare faccia altrettanto.» [...] Capii che un uomo, oltre a vivere per il proprio bene personale, deve inevitabilmente contribuire al bene degli altri: se dobbiamo prendere un paragone dal mondo degli animali [...] allora occorre prenderlo dal mondo degli animali sociali, come le api; ed è per questo che l'uomo, senza parlare dell'amore per il prossimo che è innato in lui, è chiamato sia dalla ragione sia dalla sua stessa natura a servire gli altri uomini e l'umanità in generale. Capii che questa legge naturale dell'uomo è la sola che gli permette di compiere quanto gli è stato assegnato e di essere quindi felice. (pp. 155-156)
  • [...] per quanto ci si sia inoltrati per la via della menzogna, è sempre meglio fermarsi che continuare a percorrerla. La menzogna davanti agli altri è solo svantaggiosa: ogni questione viene sempre risolta in modo più diretto e più rapido con la verità che non con la menzogna. La menzogna davanti agli altri non fa che confondere le cose e allontanarne la soluzione, ma la menzogna davanti a se stessi, data per verità, rovina tutta la vita di un uomo. (p. 266)
  • Se solo le donne comprendessero il proprio valore, la propria forza e la usassero per salvare i mariti, i fratelli e i figli. Per la salvezza di tutti gli uomini! (p. 305)

Citazioni su Che fare?[modifica]

  • Opera colma di appassionata rivolta contro lo sfruttamento dei lavoratori da parte della classe privilegiata, che dimostra l'ingiustizia della cosiddetta «divisione del lavoro». (Tat'jana Tolstaja)

Confessione[modifica]

Incipit[modifica]

Sono stato battezzato e educato nella fede cristiana ortodossa. Me la insegnarono fino dall'infanzia e durante tutto il periodo della adolescenza e della prima giovinezza. Ma quando, a diciotto anni, abbandonai l'università al secondo corso, io non credevo ormai più a nulla di quello che mi avevano insegnato.

Citazioni[modifica]

  • Dalla vita di un uomo, dalle sue azioni, oggi come anche allora, non si può in alcun modo venire a sapere se egli è credente o no. Seppure vi è una differenza tra coloro che manifestamente professano l'ortodossia e coloro che la negano, essa non è certo a favore dei primi. Come oggi anche allora la dichiarata accettazione e professione dell'ortodossia per lo più si riscontrava in persone ottuse, crudeli e immorali, e che si ritenevano molto importanti. Mentre l'intelligenza, l'onestà, la rettitudine, la coscienza morale per lo più si incontravano in persone che si riconoscevano non credenti. (cap. I)
  • Penso che molti, moltissimi abbiano passato le stesse prove. Io con tutta l'anima desideravo essere buono; ma ero giovane, preda delle passioni, ed ero solo, completamente solo quando cercavo il bene. Ogni volta, quando tentavo di manifestare quello che formava il mio più intimo desiderio, cioè che volevo essere moralmente buono, io incontravo disprezzo e canzonature; ma non appena mi abbandonavo a ripugnanti passioni, mi lodavano e mi incoraggiavano. (cap. II)
  • La mia vita si arrestò. Io potevo respirare, mangiare, bere, dormire, non bere, non dormire; ma la vita non c'era perché non c'erano desideri la cui soddisfazione mi sembrasse razionale. Se desideravo qualcosa, sapevo in anticipo che, soddisfacessi o no il mio desiderio, non ne sarebbe risultato niente. Se fosse venuta una fata e mi avesse proposto di esaudire i miei desideri io non avrei saputo cosa dire. Se nei momenti di ubriachezza avevo, non dico desideri, ma abitudini di antichi desideri, nei momenti di lucidità sapevo che era un inganno, che non c'era nulla da desiderare. La verità io non potevo neppure desiderare di conoscerla, giacché intuivo in che cosa consistesse. La verità era questa: che la vita è non-senso. (cap. IV)
  • Allargai il raggio delle mie osservazioni, esaminai la vita di enormi masse di uomini, sia di quelli passati sia di quelli contemporanei. E di uomini che avevano capito il senso della vita, che avevano saputo vivere e morire io ne vedevo non due, tre, dieci, bensì centinaia, migliaia, milioni. E tutti loro, infinitamente diversi per indole, intelligenza, educazione, condizione, tutti allo stesso modo e in completa contrapposizione alla mia ignoranza conoscevano il senso della vita e della morte, sopportavano privazioni e sofferenze, vivevano e morivano vedendo in ciò non la vanità, ma il bene.
    Ed io fui preso da amore per quegli uomini. Quanto più penetravo nella loro vita di uomini viventi e nella vita degli uomini che erano già morti, dei quali leggevo o sentivo raccontare, tanto più io li amavo, e tanto più mi diventava facile vivere. Vissi così circa due anni e in me si verificò quel rivolgimento che da tempo già si preparava e del quale erano sempre esistite dentro di me le premesse. Mi accadde che la vita della nostra cerchia – dei ricchi, delle persone istruite non solo mi disgustò, ma perse qualsiasi senso. Tutto quello che noi facevamo, i nostri ragionamenti, la nostra scienza, le nostre arti, tutto ciò mi apparve come un trastullo da ragazzi. Io capii che non si doveva cercare un senso in tutto ciò. E invece quel che faceva il popolo lavoratore, il quale costruisce la vita, mi appariva come l'unica occupazione degna di rispetto. E capii che il senso che veniva attribuito a quella vita era la verità, e l'accettai. (cap. X)

Contro la caccia e il mangiar carne[modifica]

Contro la caccia (1895)[modifica]

  • Sono stato cacciatore appassionato per molti anni, anzi la caccia era per me una occupazione molto seria [...]. Il rimorso, dapprima appena percettibile nella mia coscienza, si ingrandì a poco a poco, se ne impadronì interamente, la scosse, e finì coll'inquietarmi seriamente. Dovetti guardare la verità in faccia, ed allora compresi la crudeltà della caccia. Ora in essa non vedo che un atto inumano e sanguinario, degno solamente di selvaggi e di uomini che conducono una vita senza coscienza, che non si armonizza con la civiltà e col grado di sviluppo a cui noi ci crediamo arrivati.
  • Oggi uccidere gli animali, anche per l'alimentazione dell'uomo, è divenuto assolutamente superfluo, come è provato dal numero sempre crescente delle persone che si nutrono di proposito con alimenti vegetali o latticini.
    La caccia non è una forma naturale della lotta per l'esistenza, ma un ritorno volontario allo stato selvaggio, con questa differenza: che la caccia era una occupazione naturale per l'uomo primitivo, mentre questa occupazione nell'uomo moderno civilizzato non fa che esercitare e sviluppare in lui istinti bestiali, che la coscienza riprova, e che teoricamente la nostra civiltà vorrebbe aboliti.
  • Noi siamo fieri del progredire della nostra civiltà, esaminiamo con soddisfazione ciò che consideriamo come suoi successi in tutte le branche della vita sociale, ma osserviamo pure che la nostra esistenza è spesso fondata sui principi più ingiusti e crudeli, e che l'umanità dell'avvenire ne parlerà con la stessa ripugnanza che noi proviamo oggi per la schiavitù e la tortura, come errori di altri tempi, che la civiltà ha abolito.
  • La pietà è una delle più preziose facoltà dell'anima umana. L'uomo, impietosendosi delle sofferenze di un essere vivente, dimentica se stesso e si immedesima nella situazione degli sventurati. Con questo sentimento si sottrae al suo isolamento ed acquista la possibilità di congiungere la sua esistenza a quella degli altri esseri.
    L'uomo, esercitando e sviluppando questa qualità che lo unisce agli altri, s'incammina verso una vita superpersonale, che eleva ad un livello più alto la sua coscienza e gli offre la maggiore felicità possibile. Così, la pietà, mentre addolcisce le sofferenze degli altri, è giovevole ancor più a colui il quale la prova.
  • L'uomo che comprende tutta l'importanza morale della pietà, non indietreggerà davanti al timore che le sue manifestazioni possano renderlo ridicolo agli occhi degli altri. Che cosa deve importargli, se mettendo in libertà un topo colto in trappola, invece di ammazzarlo, provoca i motteggi e le disapprovazioni, quando sa che, non solamente ha salvato dalla morte un animale, che teneva quanto lui alla vita, ma ha anche lasciato manifestarsi liberamente il sentimento della compassione, ed ha fatto un passo verso quell'era superiore dell'amore universale, che non conosce limite, che lo affrancherà dalla morte e lo identificherà con le sorgenti della vita.
    Il cacciatore opera in un senso diametralmente opposto; e non una volta, per caso, ma sempre egli soffoca in sé il prezioso sentimento della pietà. È poco probabile che fra i cacciatori se ne trovi uno che non provi, almeno per una volta, un principio di pietà per una delle sue vittime, ma che pure ogni volta non cerchi di respingere un tal sentimento considerandolo come una debolezza. Ed è così che è schiacciato il bocciolo appena schiuso della pietà, da cui potrebbe germogliare e fiorire quel sentimento più elevato e più perfetto, che è l'amore. In questo costante suicidio morale è il male supremo della caccia.

Lettera a Elena Andreevna Telešova (1899)[modifica]

  • Elena Andreevna!
    La vostra indignazione all'idea degli animali torturati e uccisi per soddisfare l'avidità umana non è sentimentalismo bensì un sentimento fra i più leciti e naturali. Ma non bisogna indignarsi al punto di odiare gli uomini per pietà verso gli animali, come dite voi; bisogna invece agire in conformità di ciò a cui vi spinge questo sentimento, e cioè non mangiare carne di qualsiasi essere a cui sia stata tolta la vita. Sono convinto che nei prossimi secoli la gente racconterà con orrore e ascolterà con dubbio come i loro antenati ammazzavano gli animali per mangiarli. Il vegetarismo si diffonde molto rapidamente [...]. Vi avverto, tuttavia, che se smetterete di mangiare carne, incontrerete una fortissima resistenza, anzi un'irritazione, da parte dei vostri familiari [...]. Tutti noi abbiamo subìto ciò, ma se non si agisce con convinzione, tutte le dimostrazioni rimarranno senza effetto [...]. La compassione per gli animali è la più preziosa qualità dell'uomo e io (come uomo) sono tanto più felice quanto più la sviluppo in me. [...] I vegetariani dimostrano la superiorità del cibo senza carne per la salute [...] ma l'argomento principale e inoppugnabile è quello addotto da voi, il sentimento morale.

Dal Diario del 1904[modifica]

  • Il mondo degli esseri viventi è un solo organismo. La stessa vita generale di questo organismo non è Dio, ma è solo una delle Sue manifestazioni, come il nostro pianeta è una parte del sistema solare che a sua volta fa parte di un altro sistema più grande e così via. (31 marzo)
  • Dio respira per mezzo delle nostre vite. [...] L'uomo-spirito, figlio di Dio, fratello di tutti gli esseri, è chiamato a servire tutti gli esseri, il Tutto, Dio. Come è bene! In modo particolarmente chiaro, da questa comprensione della vita, si rivela l'obbligo morale non solo di non distruggere la vita degli esseri, ma di servire ad essa. Ogni vita è una manifestazione di Dio. (11 maggio)
  • Non solo gli uomini, ma anche gli animali nella vecchiaia diventano più buoni. (1° settembre)

I cosacchi[modifica]

Incipit[modifica]

Alfredo Polledro[modifica]

Tutto si è fatto silenzioso a Mosca. È ben raro che si senta uno strider di ruote per una via gelata. Alle finestre non più lumi, e i lampioni si sono spenti. Dalle chiese si diffondono i suoni delle campane e, oscillando sopra la città che dorme, ricordano che è mattino. Le vie sono deserte. Di rado in qualche posto un vetturino notturno impasta insieme sabbia e neve con gli stretti pattini della slitta e, portatosi in un altro angolo, si addormenta, aspettando un passeggiero. Passa una vecchietta diretta in chiesa, dove già, riflettendosi nelle guarnizioni dorate delle icone, ardono di luce rossa radi ceri disposti senza simmetria. Gli operai già si alzano dopo la lunga notte invernale e vanno al lavoro.
Ma per i signori è ancora sera.
[Lev Tolstoj, I cosacchi, in Racconti, traduzione di Alfredo Polledro, Orsa Maggiore Editrice, Torriana, 1994.]

Riccardo Rossi[modifica]

A Mosca regnava il silenzio. Solo ogni tanto si sentiva un cigolio di ruote sulla strada gelata. Non vi erano più luci alle finestre, i lampioni erano spenti. Dalle chiese si diffondeva il suono delle campane che, fluttuando sulla città addormentata, ricordava il mattino che arrivava. Le strade erano deserte. Qualche raro vetturino qua e là, con i sottili pattini della slitta, solcava la neve impastandola con la sabbia, e spostatosi all'angolo opposto, si appisolava in attesa di clienti. Una vecchietta si avviava verso la chiesa, dove i pochi ceri, disposti senza simmetria, riflettevano sui fondi d'oro delle icone la loro fiamma rossa. Gli operai incominciavano ad alzarsi, dopo la lunga notte invernale, e si avviavano al lavoro.
Per i signori invece era ancora sera.
[Lev Tolstoj, I cosacchi, traduzione di Riccardo Rossi, Armando Curcio Editore, Roma, 1978.]

Citazioni[modifica]

  • L'uomo non è mai tanto egoista come nei momenti di entusiasmo.
  • Come sempre suole accadere in un lungo viaggio, alle prime due o tre stazioni l'immaginazione resta ferma nel luogo di dove sei partito, e poi d'un tratto, col primo mattino incontrato per via, si volge verso la meta del viaggio e ormai costruisce là i castelli dell'avvenire.
  • La felicità, ecco quel ch'è – disse a sé medesimo – la felicità sta nel vivere per gli altri. E questo è chiaro. Nell'uomo è stato posto il bisogno della felicità; esso dunque è legittimo. Appagandolo egoisticamente, cioè cercando per sé la ricchezza, la gloria, i comodi della vita, l'amore, può accadere che le circostanze prendano una tal piega che sia impossibile soddisfare questi desideri. Per conseguenza, questi desideri sono illegittimi, ma non è illegittimo il bisogno di felicità. Quali desideri possono dunque sempre venir soddisfatti, nonostante le circostanze esteriori? Quali? L'amore, l'abnegazione!
  • Per essere felice, occorre una cosa sola: amare, e amare con sacrificio di sé, amare tutti e tutto, stendere in tutte le direzioni la tela di ragno dell'amore: chi ci capita dentro, quello va preso.
  • Felicità è trovarsi con la natura, vederla, parlarle.
[Lev Tolstoj, I cosacchi, in Racconti, traduzione di Alfredo Polledro, Orsa Maggiore Editrice, Torriana, 1994.]

Citazioni su I cosacchi[modifica]

  • Ho corretto I cosacchi: terribilmente debole. Probabilmente il pubblico sarà contento per questo. (Lev Tolstoj)[fonte 26]

I diari[modifica]

Incipit[modifica]

17 marzo. Kazan Da sei giorni sono in clinica e da sei giorni sono quasi soddisfatto di me. Les petites causes produisent de grands effets. Ho preso la gonorrea, ovviamente per quello per cui di solito si prende; e questa insignificante circostanza mi ha dato la spinta per salire su quel gradino sul quale già da tempo avevo posto il piede; ma non riesco in nessun modo a issare il tronco (forse perché inavvertitamente ho posato prima il piede sinistro invece del destro). Qui sono completamente solo, nessuno m'importuna, qui non ho servi, nessuno mi aiuta: di conseguenza nessun estraneo ha influenza sulla ragione e sulla memoria, e la mia attività deve di necessità svilupparsi. Il vantaggio principale consiste in ciò, che io vedo ora con chiarezza che la vita disordinata che la maggior parte dei giovani di mondo conducono, giustificandola con la gioventù, non è altro che la conseguenza di una precoce depravazione dell'animo. La solitudine è tanto utile all'uomo che vive in società, quanto la società all'uomo che non vive in essa. Separa l'uomo dalla società, fallo entrare in se stesso, e non appena si tolgono alla sua ragione le lenti che gli mostrano ogni cosa rovesciata, non appena si schiarisce il suo sguardo sulle cose, gli sarà persino incomprensibile come prima non vedesse tutto questo.

Citazioni[modifica]

  • L'unilateralità è la causa principale dell'infelicità dell'uomo. (19 marzo 1847, p. 26)
  • Lo scopo della vita dell'uomo è l'impiego di tutte le possibili facoltà per lo sviluppo multilaterale di tutto l'essere. (17 aprile 1847, p. 27)
  • sentimenti stessi si pongono il loro scopo. (1847, p. 31)
  • Ama ogni vicino come te stesso, ma ama due vicini più di te stesso. (1847, p. 33)
  • Tutti gli slanci dell'animo sono puri, elevati all'origine. La realtà distrugge la purezza e il piacere dello slancio. (8 giugno 1851, p. 46)
  • Non sono mai stato innamorato di donne. [...] Di uomini mi sono innamorato molto spesso [...]. Per me, il segno principale dell'amore è la paura di offendere o di non piacere all'oggetto amato, semplicemente la paura. Io mi sono innamorato di uomini prima di aver conoscenza della possibilità della pederastia; ma anche conoscendola, non mi è mai venuto in mente il pensiero della possibilità di una relazione. L'esempio più strano di una simpatia in qualche modo insolita è Gotier. Con lui non c'è stato assolutamente alcun rapporto, oltre che per l'acquisto di libri. Sentivo una vampa di calore quando lui entrava nella stanza. L'amore per Islavin mi ha guastato tutti gli otto mesi di vita a Pietroburgo. Sebbene inconsciamente, io di null'altro mi preoccupavo che di piacergli. Tutti gli uomini che ho amato lo hanno sentito, e ho notato che facevano uno sforzo per non guardarmi. [...] La bellezza ha sempre avuto molta influenza nella scelta; si veda l'esempio di Djakov; non dimenticherò mai le notti quando io e lui uscivamo da Pirogovo e avevo voglia di abbracciarlo e di piangere. In tale sentimento c'era sensualità, ma è impossibile dire in che misura; perché, come ho già detto, l'immaginazione non mi ha mai disegnato quadri lubrici, e ne ho al contrario un terribile disgusto.
    Noto in me una tendenza distruttiva, che si esprime nell'atto di rovinare tutto quel che mi capita sotto mano [...]. (29 novembre 1851, pp. 52-54)
  • Io non amo le lagrime, ma penso che peggio di tutto è non poter piangere: meglio piangere, ancor meglio aver voglia di piangere e trattenersi. (18 aprile 1852, p. 61)
  • La coscienza è il migliore e il più fidato dei nostri indicatori; ma quali sono i segni che distinguono questa voce dalle altre voci? La voce della vanità parla con altrettanta forza. Esempio: l'offesa non vendicata. (29 giugno 1852, p. 65)
  • La semplicità è la principale condizione della bellezza morale. (19 ottobre 1852, p. 70)
  • Senza che lo voglia, appena resto solo e mi metto a pensare a me, torno al vecchio pensiero, il pensiero del perfezionamento: ma il mio difetto principale, e il motivo per il quale non posso tranquillamente seguire questa strada, è che confondo perfezionamento e perfezione. Bisogna prendersi come si è, cercare di correggere i difetti correggibili [...]. (3 luglio 1854, p. 92)
  • Gli inglesi sono gente moralmente nuda, e vanno in giro così, senza vergogna. (5 maggio 1857, p. 149)
  • Sono convinto che nell'uomo esiste una forza infinita, non solo morale ma anche fisica; ma su questa forza grava un freno terribile: l'amore di sé; o più precisamente il pensiero di sé, che genera impotenza. Ma appena l'uomo si libera da questo freno, diventa onnipotente. Avrei voglia di dire che il mezzo migliore per liberarsene è l'amore verso gli altri, ma sarebbe sbagliato. L'onnipotenza è l'assenza di coscienza; l'impotenza pensiero di sé. Liberarsi da questo pensiero di sé si può soltanto per mezzo dell'amore verso gli altri oppure per mezzo del sonno, dell'ebrietà, del lavoro eccetera; tutta la vita dell'uomo trascorre nella ricerca di questa liberazione. Da dove proviene la forza dei veggenti, dei lunatici, dei deliranti o degli uomini sotto l'influenza della passione? Delle madri, degli esseri umani o degli animali che difendono i propri figli? Perché non riusciamo a pronunciare giustamente una parola se pensiamo come va pronunciata giustamente? Perché la punizione più terribile che gli uomini hanno inventato è la reclusione a vita? (La morte come punizione non è stata inventata dagli uomini: essi agiscono in questo caso come arma cieca della provvidenza.) La reclusione a vita, in cui l'uomo è privato di tutto ciò che può aiutarlo a dimenticare se stesso, lo lascia col pensiero eterno di sé. Come può l'uomo salvarsi da questo supplizio? Egli riesce a distrarsi dal pensiero di sé per un secondo osservando un ragno o una scrostatura nel muro. È vero che il modo migliore, il più conforme al destino umano per salvarsi dal pensiero di sé è l'amore per gli altri; ma non è facile raggiungere questa felicità. (Note del viaggio in Svizzera, 15-27 maggio 1857)
  • Meravigliosa notte di luna; le urla degli ubriachi, la folla, la polvere non guastano la bellezza; una radura umida, chiara sotto la luna, dove cantano le rane e i grilli, e qualcosa ti attira là; ma arrivi là e qualcosa ti attirerà ancor più lontano. La bellezza della natura non suscita nella mia anima piacere, ma qualcosa come un dolce dolore. (4 luglio 1857, p. 150)
  • Come non credere nell'immortalità dell'anima, quando senti nell'animo una grandezza così smisurata! (7 luglio 1857, p. 151)
  • La povertà della gente e le sofferenze degli animali sono terribili. (9 agosto 1857, p. 154)
  • Importante è trovare la corda da toccare in un uomo, e dargli la propria corda. Ho letto la seconda parte delle Anime morte, goffa. (28 agosto 1857, p. 155)
  • La bellezza della natura suscita in me questo sentimento; un sentimento non so se di gioia, di tristezza, di speranza, di disperazione, di dolore o di piacere. E quando arrivo a questo sentimento, mi fermo. Già lo conosco, non cerco di sciogliere il nodo, ma mi accontento di questa oscillazione. (27 maggio 1857, p. 167)
  • Sono tutto preso dai Cosacchi. Il politico esclude l'artistico, perché il primo, per convincere, dev'essere unilaterale. (21 marzo 1958, p. 189)
  • Per attrarre, il lavoro dev'essere già fatto a metà e bene. (28 ottobre 1960, p. 198)
  • È difficile afferrare le leggi di sviluppo del bambino. [...] E non è possibile abituarli alla consequenzialità quando tutto è nuovo. La consequenzialità è la forza della negazione ditutto quel che non t'interessa. (17 aprile 1861, p. 200)
  • Di nuovo una notte insonne e tormentosa: io provo questo sentimento, io, che ridevo delle sofferenze degl'innamorati. Quello di cui ti ridi è poi quello che servi. (10 settembre 1862, p. 208)
  • L'amo quando di notte o di mattina mi sveglio e vedo: lei mi guarda e mi ama. E nessuno, meno di tutti io, può impedirle di amare come lei sa, a suo modo. L'amo quando è seduta vicino a me, e noi sappiamo che ci amiamo l'un altro, e essa dice: Lëvočka, e si ferma: perché i tubi del camino sono dritti? oppure perché i cavalli vivono a lungo? o cose simili. L'amo quando stiamo a lungo soli, e io dico: che facciamo, Sonja? che possiamo fare? Lei ride. L'amo quando s'arrabbia con me e d'improvviso, in un batter d'occhio, il suo pensiero e le sue parole diventano aspri: smettiamo, mi dai fastidio; dopo un minuto già mi sorride timidamente. L'amo quando lei non mi vede e non sa che ci sono, e io l'amo a modo mio. L'amo quando è una bambina col vestito giallo e sporge la mascella inferiore e tira fuori la lingua, l'amo quando vedo la sua testa rovesciata all'indietro, e ha il viso serio e spaventato, infantile e appassionato, l'amo quando... (5 gennaio 1863, pp. 213-214)
  • In serata per due volte per poco non abbiamo litigato. Ma poi no. Oggi è annoiata, tesa. Il pazzo va in cerca della tempesta: così il giovane, non solo il pazzo. Più di tutto al mondo temo questo stato d'animo. (3 marzo 1863, p. 217)
  • Il sistema filosofico contiene, oltre agli errori del pensiero, gli errori del sistema.
    In qualunque forma tu metta i tuoi pensieri, tali pensieri, per chi veramente li capisce, esprimeranno una nuova concezione filosofica del mondo. Per dire in modo comprensibile quel che hai da dire, parla sinceramente, e per parlare sinceramente parla come i pensieri ti vengono.
    Anche dai grandi pensatori che hanno lasciato un sistema, il lettore, per assimilare la sostanza dello scrittore, disfà con sforzo il sistema e prende i singoli pezzi, applicandoli all'uomo.
    Così con PlatoneDescartesSpinozaKantSchopenhauer dice che il suo sistema è un circolo (lui dice arco) che per esser compreso dev'essere percorso più d'una volta.
    Nei pensatori deboli, come HegelCousin, se disfai il sistema, ti trovi a contatto immediato con l'uomo vuoto, dal quale non c'è niente da prendere.
    Ma la folla ama il sistema. La folla vuole afferrare tutta la verità, e siccome non può comprenderla, crede volentieri. (3 febbraio 1870, pp. 233-234)
  • Il bene di cui parlo io è quello che può essere considerato bene per se stessi e per tutti. (22 maggio 1881, p. 244)
  • Il povero Solovëv, che non capisce niente del cristianesimo, lo giudica e vorrebbe inventare qualcosa di meglio. Chiacchiere, chiacchiere senza fine. (5 ottobre 1881, p. 250)
  • E perché noi, nella nostra situazione, si possa servire il prossimo, occorre innanzi tutto smettere di esigere i servizi del prossimo. Sembra strano, ma la prima cosa da fare è servire se stessi: accendere la stufa, portare l'acqua, preparare il mangiare, lavare i piatti eccetera. Con questo cominciamo a servire gli altri. (4 aprile 1884, p. 277)
  • Colloquio con Serëža. Egli, senza ragione, si è comportato in modo rozzo. Mi sono addolorato e gli ho detto tutto in faccia: il suo borghesismo, la sua ottusità, malvagità, presunzione. E lui si è messo all'improvviso a dire che nessuno lo ama e ha cominciato a piangere. Dio, come mi ha fatto male. Ho camminato tutto il giorno. Dopo pranzo ho preso Serëža e gli ho detto: «Mi vergogno...» Lui si è messo a singhiozzare, a baciarmi e a dire: «Perdonami, perdonami». Da tempo non avevo provato niente di simile. Ecco la felicità. (15 luglio 1884, pp. 290-291)
  • [...] ho letto Maupassant. Ti prende con la maestria dei colori, ma non ha nulla da dire, poveretto. (28 agosto 1884, p. 291)
  • Ho letto sul buddismo, il suo insegnamento. Straordinario. L'insegnamento che è inutile far domande sull'eternità è bellissimo. (12 settembre 1884, p. 291)
  • Tutto, la vita povera, la continenza, il lavoro, perfino l'umiltà, tutto questo serve solo se insegna a saper vivere con la gente, vivere, cioè amarla. (7 dicembre 1888, p. 299)
  • Vivo giornate incolori ma trasparenti, amo tutti naturalmente, senza sforzo. L'atmosfera di casa è cattiva, penosa. Tanja, poveretta, vuole maritarsi a ogni costo; la scelta è per fortuna migliore di quella che poteva essere. E io sono così cattivo, che nel profondo dell'animo non sono d'accordo. (12 dicembre 1888, p. 299)
  • Gli anarchici hanno ragione in tutto, solo non nella violenza. (12 gennaio 1889, p. 301)
  • Ho pensato: isolarsi in una comunità, creare una comunità e mantenerla pura: tutto questo è peccato, errore. Non è possibile purificarsi da solo o da soli; purificarsi, sì, ma tutti insieme; separarsi per non sporcarsi è la sporcizia più grande, come la pulizia delle signore, pagata dal lavoro degli altri. (22 aprile 1889, p. 307)
  • Ilija [...] è tutto preso da piccolezze, e poi lusso e mancanza di vita spirituale. È un uomo buono, ma molto debole. (13 maggio 1889, p. 309)
  • Maša vale molto, è seria, intelligente, buona. Le rimproverano di non avere affetti esclusivi. Ma proprio questo dimostra il suo vero amore. Lei ama tutti e costringe tutti a amarla; non nella stessa misura, ma anche più di quelli che amano esclusivamente i loro. (14 maggio 1889, p. 309)
  • Non esiste un uomo migliore dell'altro, come non esiste un posto di un fiume più profondo e più pulito di un altro posto in un altro fiume. L'uomo scorre come un fiume. (6 giugno 1889)
  • Puttaniere non è una parola offensiva, è uno stato (lo stesso si può dire per la donna), uno stato d'inquietudine, di curiosità e di bisogno di novità, soddisfatto dall'unione per il piacere non con una ma con molte. Come l'alcoolismo. Si può astenersi, ma l'alcoolizzato resta alcoolizzato, il puttaniere puttaniere: al primo venir meno del controllo, ricade. Io sono un puttaniere. (19 agosto 1889, p. 313)
  • Lo scopo della vita, la sua vocazione è la gioia. [...] Più spesso di tutto, questa gioia è guastata dall'avidità, dall'ambizione, e l'una e l'altra sono soddisfatte dal lavoro. Sfuggi il lavoro per te, lavoro tormentoso, pesante. L'attività per gli altri non è lavoro. Siate come bambini, gioite sempre. Che terribile errore del nostro mondo, pensare che la fatica, il lavoro sia una virtù. Né l'uno né l'altra, ma piuttosto un vizio. Cristo non lavorava. (15 settembre 1889, p. 315)
  • A unire gli uomini serve, oltre all'amore, anche la verità. Raggiungendo una verità unica per tutti, gli uomini si uniscono fra di loro. (È per questo che le superstizioni sono nocive: dividono gli uomini.) Per questo la vera scienza porta all'unione; ma perché sia tale, essa deve veramente portare tutti alla verità. L'espressione della verità dev'essere chiara, comprensibile e vera, indubbia. (9 novembre 1889, p. 319)
  • Lëva è arrivato ieri l'altro, e mi ha urtato vedere come, dopo la caccia, ha ordinato che gli togliessero gli stivali e si è perfino arrabbiato che non glieli levavano come lui voleva. (17 dicembre 1889, p. 322)
  • [...] la vita monastica è una sorta di sibaritismo spirituale. (27 febbraio 1890, p. 327)
  • È qui Ilija, e io seguito a non poter parlare con lui. Vorrei tanto, ma non so comportarmi, anche perché lui si allontana sempre più. Tutto di lui, i suoi discorsi, le sue spiritosaggini, sono come la salsa di una pietanza che non c'è. (19 marzo 1890, p. 328)
  • Oggi ho pensato: molti dei pensieri che ho espresso negli ultimi tempi appartengono non a me, ma agli uomini che sentono affinità con me e si rivolgono a me con le loro questioni, i loro dubbi, i loro pensieri, i loro piani. Così il pensiero di fondo o, per dir meglio, il sentimento della Sonata a Kreutzer, appartiene a una donna, una slava, che mi ha scritto una lettera, comica per il linguaggio ma notevole per il suo contenuto, sulla soggezione delle donne alle esigenze sessuali. In seguito essa venne da me e mi fece una forte impressione. La riflessione che il versetto di Matteo «se guardi una donna con desiderio eccetera» vale non solo per le altre donne, ma anche per la propria, mi è stata offerta da un inglese che mi ha scritto di questo. E così in molti altri casi. (9 maggio 1890, p. 330)
  • Terribilmente triste è stato oggi quel che ha detto Andrjuša. Gli ho detto che è male bere caffè forte. Egli allora mi si è rivoltato con quel tono di disprezzo dei figli che ben conosco. Ge ha cominciato a dirgli che questo era per il suo bene. E lui ha risposto: non si tratta solo del caffè, ma di tutto: forse che si può fare tutto quel che dice papà? Egli ha espresso appunto quel che pensano tutti i figli. Ho terribilmente pena per loro. Io indebolisco in loro quel che dice la loro madre. La loro madre indebolisce quel che dico io. Di chi è la colpa? Mia. (9-12 giugno 1890, pp. 331-332)
  • Io decado. Non in senso mentale, non è niente, non c'è decadimento; ma nei sentimenti, nell'amore. Mi vien meno lo spirito e incattivisco. Siedo e m'incattivisco coi presenti e con gli assenti. Ogni parola, pensiero, suscitano non comprensione e simpatia per chi li ha espressi, ma desiderio di opporgli la mia verità. Disgustoso, assolutamente disgustoso. (18 giugno 1890, pp. 332-333)
  • Un uomo che si appropria, come ladro o bandito, il lavoro di un altro, sa di far male; mentre quello che si appropria il lavoro altrui con mezzi ritenuti legittimi dalla società non riconosce il male della propria vita; invece questo onorevole cittadino è senza paragone moralmente peggiore del più vile bandito. (5 luglio 1890, p. 334)
  • Più gli uomini sono immorali, più aumentano le loro esigenze. (6 agosto 1890, p. 335)
  • Maša raccontava di una conversazione [...] sul fatto che non bisogna confondere la beneficenza con l'amministrazione: «nell'amministrare bisogna essere giusti; la beneficenza è un'altra faccenda». Parlano così, sicuri che questo sia ragionevole e buono; mentre in sostanza non è altro che un modo per fissarsi arbitrariamente una sfera in cui sei in anticipo esentato da ogni sentimento umano, in cui ti assegni di essere crudele. Lo stesso dicono per il servizio militare, la disciplina, lo Stato. (28 agosto 1891, p. 336)
  • Ho letto Coleridge. Molte cose bellissime. Ma ha la malattia inglese. È evidente che egli è capace di pensare in modo chiaro, libero e forte; ma non appena tocca i valori correnti in Inghilterra, subito si trasforma senz'accorgersene in un sofista. (14 settembre 1891, p. 337)
  • Qui c'è Ilija. Mi dà tristezza la freddezza che provo per lui. (2 maggio 1891, p. 348)
  • Ho pensato:
    Un giovane confuso [...] si taglia le vene col rasoio. Arrivano, ormai è fuori di sensi. Gli fasciano le ferite, comincia a riaversi. Resta vivo, ma cieco e privo di movimento alle braccia e alle gambe. Ora trepida per la sua vita, e tutte le sue forze sono dedicate alla conservazione della salute. Se un uomo si uccidesse non di colpo ma per gradi, dieci gradi, in modo che fosse cosciente di ogni grado, cioè si togliesse la vita a poco a poco sapendo quanta parte di essa se ne va, e potesse chiedersi: seguiti a voler morire? allora, penso, quanto più uno si toglierebbe di vita, tanto più si attaccherebbe a ciò che gliene resta, e in così alto grado che nessun uomo più si ucciderebbe. (22 maggio 1891, p. 349)
  • Ladro non è quello che prende ciò che gli è necessario, ma quello che trattiene, senza darlo agli altri, ciò che non gli è indispensabile e è invece necessario agli altri. (14 luglio 1891, p. 352)
  • Che condimento necessario per tutto è la bontà! Le migliori virtù senza la bontà non valgono nulla; i peggiori vizi con essa si riscattano. (24 ottobre 1891, p. 354)
  • [...] ti capita di vedere gente nuova, come non ne hai mai vista, diciamo in qualche angolo dell'Africa o del Giappone: un uomo, un altro, un terzo, e ancora e ancora, e non c'è fine, sempre nuovi e nuovi, come non ne ho mai potuti vedere e non ne vedrò, e tutti vivono nello stesso modo egoistico la loro vita singola, proprio come me; e ti viene il terrore e il dubbio: che significa questo, perché tanti così? Qual è il mio rapporto con loro? È possibile che non ci si veda che come estranei, loro me e io loro? Non può essere. E c'è un'unica risposta: loro e io siamo una sola cosa, come fanno una sola cosa tutti quelli che vivono e sono vissuti e vivranno, una sola cosa con me, e io vivo di loro e loro vivono di me. (3 febbraio 1892)
  • Tanja e Lëva cercano di convincere Maša che essa si comporta vilmente rifiutando la proprietà. Il suo comportamento li costringe a sentire la falsità del loro, e loro invece hanno bisogno di essere nel vero, e così cercano d'inventare che il suo comportamento è non buono e vile. (5 luglio 1892, p. 359)
  • Quando vivi a lungo, come me per quarantacinque anni di vita cosciente, capisci com'è menzognero, impossibile darsi qualunque modello per la vita. Nella vita non c'è niente di stable. È come cercare di imprimere una forma sull'acqua corrente. Tutto: la personalità, la famiglia, la società, tutto cambia, scompare e si riforma come una nuvola. E non fai a tempo a abituarti a uno stato della società, che quello non c'è già più e è passato in un altro. (5 luglio 1892, pp. 359-360)
  • La bellezza, la gioia solo per la gioia, indipendente dal bene, è ripugnante. Io l'ho conosciuta e l'ho gettata via. Il bene senza bellezza dà tormento. Solo l'unione dei due o, piuttosto non l'unione, bensì la bellezza come aureola del bene. Mi sembra che questo sia vicino alla verità. (1 ottobre 1892, p. 362)
  • Se mi facessero scegliere tra il popolare la terra di santi tali, quali posso solo immaginarli, ma solo perché non ci siano più figli, oppure di uomini come sono ora, ma che aggiungano di continuo nuovi, freschi figli mandati da Dio, io sceglierei quest'ultima cosa. (7 ottobre 1892, p. 362)
  • Vi sono due mezzi di conoscenza del mondo esterno: uno è il mezzo più rozzo e «naturale», quello dei cinque sensi. Attraverso questo mezzo di conoscenza non si formerebbe in noi il mondo che conosciamo, ma sarebbe il caos fornitoci dalle varie sensazioni. L'altro mezzo consiste nel conoscere se stessi con l'amore per sé, e poi conoscere gli altri esseri con l'amore per questi esseri: trasferirci col pensiero nell'altro uomo, nell'animale, nella pianta, persino nella pietra. Con questo mezzo conosci dall'interno e formi tutto il mondo che conosciamo. Questo mezzo, che chiamano anche dono poetico, è nient'altro che amore. È, per così dire, il ristabilimento fra tutti gli esseri dell'unità andata distrutta. Esci da te e entri in un altro. E puoi entrare in tutto. Sempre: fondersi con Dio, col Tutto. (5 ottobre 1893)
  • [Nikolaj Ge] Era un affascinante, geniale vecchio bambino. (2 giugno 1894, p. 383)
  • Guardavo [...] il bellissimo tramonto. Dai densi cumuli di nubi irrompevano raggi di luce e al centro, come un rosso tizzone ardente, il sole. Sotto, i campi di segale e il bosco. Gioia. E pensavo: no, questo mondo non è una finzione, non è solo la valle di prova e di passaggio a un mondo migliore e eterno, ma è uno dei mondi eterni, bellissimo e gioiso, e che noi non solo possiamo, ma dobbiamo fare più bello e più gioioso per chi ci vive con noi e per chi ci vivrà dopo di noi. (14 giugno 1894, pp. 383-384)
  • Lëva è andato a Mosca con Tanja. Ho molta pena per lui, pena per la sua precarietà spirituale. (9 agosto 1894, p. 386)
  • I romanzi finiscono col matrimonio dell'eroe con l'eroina. Bisognerebbe invece cominciare da questo, e finire che si sono separati, cioè liberati l'uno dell'altro. Descrivere la vita come si fa, per interrompere la descrizione al momento del matrimonio, è come descrivere il viaggio di un uomo e interrompere la descrizione nel punto in cui il viaggiatore è assalito dai briganti. (30 agosto 1894, p. 388)
  • La bellezza attira, la bruttezza respinge. Che significa questo? Significa che dobbiamo cercare la bellezza e sfuggire la bruttezza? No, significa che dobbiamo cercare quello che dà come conseguenza la bellezza, e fuggire quello che dà come conseguenza la bruttezza: cercare di essere buoni, aiutare, servire le creature e gli uomini, e fuggire quello che fa male alle creature e agli uomini. La conseguenza di questo sarà la bellezza. Quando tutti saranno buoni, tutto sarà bello. (24 settembre 1894, p. 389)
  • Sta per finire l'autunno, la stagione più bella dell'anno. (2 novembre 1894, p. 391)
  • [Sonja] Mi è bastato cominciare a amarla di nuovo per capire i suoi motivi, e dopo aver compreso i motivi non è che l'abbia perdonata, ma non c'è stato più niente da perdonare. (15 febbraio 1895, p. 396)
  • Prego ancora tutti i miei amici, vicini e lontani, di non elogiarmi [...], e se vogliono occuparsi dei miei scritti, prestino attenzione a quelle parti della mia opera in cui, lo so, parlava attraverso me la forza di Dio, e le utilizzino per la loro vita. [...] Spesso sono stato così impuro, così pieno di passioni personali che la luce di questa verità veniva oscurata dalla mia oscurità, ma nonostante questo mi sentivo a volte pervaso da questa verità, e questi sono stati i momenti più felici della mia vita. Spero che Dio abbia impedito che la Sua verità si contaminasse passando attraverso me, e che gli uomini, nonostante il contagio meschino e impuro che ho potuto trasmettere a questa verità, possano nutrirsi di essa.
    Solo in questo consiste il significato dei miei scritti. E per questo si può solo biasimarmi, non elogiarmi. (27 marzo 1895, pp. 401-402)
  • Vero amore è solo quello che ha un oggetto non attraente. (28 giugno 1895, p. 408)
  • [...] quando sappiamo che un uomo si prepara a morire siamo buoni con lui, lo amiamo. E allora come possiamo non amare tutti, dato che sappiamo che ognuno si prepara? (12 luglio 1895, p. 408)
  • Il conservatorismo è una tendenza della ragione che deve indirizzare il movimento in modo che si fermi. (25 ottobre 1895, p. 413)
  • Non è possibile costringere la mente a analizzare e a capire ciò che il cuore non vuole. (23 gennaio 1896, p. 415)
  • Non è possibile vivere senza un ideale: anche il più basso, la vanità, persino la cupidigia, ma che sia posto come ideale. (5 maggio 1896, p. 419)
  • La cosa più importante di questi giorni è che c'è stato Dušan, a cui voglio sempre più bene.
    Si parlava con Dušan. Diceva che in Ungheria era considerato come una specie di mio rappresentante e non sapeva come comportarsi. Io sono stato contento dell'occasione per dire a lui e spiegare a me stesso che parlare di tolstoismo, cercare una mia guida, chiedere che decida questioni, è un errore grossolano. Non c'è e non ci sarà nessun tolstoismo, nessuna mia dottrina, c'è la sola, eterna, universale dottrina della verità, che per me, per noi è espressa in modo particolarmente chiaro nei Vangeli. (2 dicembre 1897, pp. 438-439)
  • Conoscono le donne solo i mariti. Solo il marito le vede dietro le quinte. Per questo Lessing affermava che tutti i mariti dicono: c'è solo una donna cattiva, e l'ho sposata io. Di fronte agli altri esse fingono così bene, che nessuno le vede come sono in realtà, in particolare finché sono giovani. (16 luglio 1901, p. 485)

Citazioni sui Diari[modifica]

  • Come ogni roussoviano panteista, Tolstoj mirava [...] alla illimitata espansione dell'anima e alla sua identificazione con Dio. Ma, nei diari giovanili, sorprendiamo anche accenti diversi. Talvolta Dio lo assaliva con una durezza estrema, con dei colpi così violenti nel cuore, che aveva voglia di piangere; e gli sembrava che fosse l'Estraneo, il Remoto, l'Inconcepibile, colui che non appartiene al regno dei nomi. (Pietro Citati)
  • Sembra talvolta che ci siano due Tolstoj. [...]
    Diari di Tolstoj (che tiene, con qualche interruzione, per sessantatré anni) fanno giustizia di questa dicotomia. La forza vitale e il pensiero, la vita e la riflessione su di essa, che possono sembrare contrastanti, appaiono qui complementari e inscindibili, fusi, per tutto il corso dell'esistenza tolstoiana, in un unico modo di capire e sentire il mondo. Essi ci mostrano il filo ininterrotto che lega il primo e il secondo Tolstoj [...]. (Silvio Bernardini)

Il bastoncino verde: scritti sul cristianesimo[modifica]

Lettera a M.A. Enghelgardt (1882-1883)[modifica]

Incipit[modifica]

Mio caro Mikhail Aleksandrovich,
scrivo "caro" non perché questa è l'abitudine, ma perché, da quando ho ricevuto la sua prima lettera e soprattutto la seconda, sento che lei mi è molto vicino e ho molto affetto per Lei. In questo sentimento vi è parecchio egoismo. Forse lei non mi presterà fede, ma è incredibile, quanto io mi senta solo e fino a qual punto il mio vero io sia disprezzato da tutti quelli che mi circondano. So che colui che sopporterà fino alla fine, sarà salvato, so che solo nelle cose vane l'uomo può godere il frutto del proprio lavoro o almeno vederne i risultati: ma nell'opera della divina verità, che è eterna, non può vedere il frutto nel breve spazio della sua brevissima vita.
So tutto questo, eppure spesso sono preso dalla disperazione; perciò il nostro incontro e la mia quasi certezza di trovare in Lei un uomo che cammina sinceramente insieme a me, sulla medesima via e con lo stesso mio fine, mi riempie di gioia.

Citazioni[modifica]

  • Come comportarsi davanti a una madre che batte a morte il suo bambino? [...] Che cosa mi ripugna, nel fatto che la madre batte il bambino? Che cosa vi trovo di iniquo? Forse che il bambino soffre o piuttosto il fatto che la madre prova le torture della malvagità, invece delle gioie dell'amore? Io penso entrambe le cose. Una persona da sola, non può far niente di male. Il male nasce dalla disunione fra le persone. Se voglio agire, devo cercare di eliminare la disunione e ristabilire la comunicazione fra madre e figlio. Usare la forza contro la madre non servirebbe a questo scopo. Che fare allora? [...] Prendere il posto del fanciullo non sarebbe irragionevole! Quello che scrive Dostoevskij e che ripetono i monaci metropoliti mi ripugna. Essi pretendono che fare la guerra [...] sia un dovere di legittima difesa. Ho sempre risposto: difendere gli altri con il proprio petto, sì; ma sparare col fucile sui nostri simili, non è difesa, ma assassinio. (pp. 12-13)
  • Per me amare Dio vuol dire amare la verità; amare il prossimo come se stessi è riconoscere l'unità della propria anima e della propria vita con ogni altra vita umana e con la Verità eterna – Dio. (p. 17)

Sul suicidio (1890)[modifica]

  • Ci si può domandare se è ragionevole e morale – questi due termini sono inseparabili – uccidersi.
    No! Uccidersi è irragionevole, così come tagliare i polloni di una pianta che si vorrebbe estirpare. Essa non morrà, crescerà irregolarmente, ecco tutto. La vita è indistruttibile, al di là del tempo e dello spazio. La morte non può che cambiarne la forma, mettendo fine alla sua manifestazione in questo mondo. Ma rinunciando alla vita in questo mondo, io non so se la forma che essa prenderà altrove, mi sarà più gradita e in secondo luogo io mi privo della possibilità di imparare e di acquisire a profitto del mio io, tutto ciò che avrei potuto apprendere in questo mondo. D'altra parte e soprattutto, il suicidio è irrazionale perché, rinunciando alla vita a causa del disgusto che essa mi provoca, io mostro di avere un concetto errato dello scopo della mia vita, supponendo che serva al mio piacere, mentre essa ha per scopo, da un lato, il mio perfezionamento personale e dall'altro la cooperazione all'opera generale che si compie nel mondo.
    Ed è per questo che il suicidio è immorale. All'uomo che si uccide, la vita era stata data con la possibilità di vivere fino alla sua morte naturale, a condizione di essere utile all'opera generale della vita e lui, dopo aver goduto della vita, finché gli è parsa gradevole, ha rinunciato a metterla al servizio dell'utilità generale, appena gli è divenuta spiacevole; mentre verosimilmente egli cominciava a divenire utile nel preciso istante in cui la sua vita si incupiva, perché ogni lavoro comincia con travaglio. (p. 31)
  • Nella solitudine di Optynia[3] durante più di trent'anni, giacque un monaco paralitico, che aveva conservato solo l'uso della mano sinistra. I medici dicevano che doveva soffrire terribilmente. Lui non solo non si lamentava mai del suo stato, ma gli occhi fissi sulle icone, con segni di croce ed un perpetuo sorriso non cessava di esprimere a Dio la sua riconoscenza e la sua gioia per quel barlume di vita che conservava in sé. Migliaia di pellegrini venivano a visitarlo ed è incredibile quale benefico irraggiamento proiettava sul mondo quest'uomo incapace di ogni attività fisica. Quel paralitico faceva sicuramente più del bene che migliaia e migliaia di persone in perfetta salute che credono di compiere in diversi campi un lavoro impegnativo ed utile all'umanità.
    Finché l'essere umano conserva un soffio di vita, può perfezionarsi ed essere utile agli altri uomini. Ma egli può esser utile agli altri uomini, solo perfezionandosi e può perfezionarsi, solo rendendosi loro utile. (p. 32)

Il bastoncino verde (1905)[modifica]

  • Dio si rivela sempre a tutti, a tutti coloro che lo cercano. Egli si rivela ad ogni uomo, nel suo proprio cuore. Ogni uomo sente in sé Dio, quel principio di vita che non è corpo, ma che vive nel corpo umano, che non ha né peso, né misura, né colore, né gusto, né odore, che mai ebbe inizio e mai avrà fine. (p. 41)
  • In che consiste la vera condizione dell'uomo sulla terra e in che consiste quell'inganno che rende l'uomo infelice?
    L'inganno consiste nel fatto che gli uomini si dimenticano della morte, dimenticano che essi in questo mondo non vivono, ma passano. (p. 45)
  • L'uomo che si ricorda della morte, non può più vivere per il bene del suo io separato.
    L'unico senso che può attribuire alla sua vita, chi non dimentica la sua caducità, è quello che egli non è un essere a sé stante, ma solo uno strumento della volontà di Dio. (p. 46)
  • Tutta la legge di Dio che scaturisce dalla coscienza della propria condizione, consiste nella sottomissione alla volontà di Dio, nell'amore verso il prossimo e nel servizio del prossimo. In questo consiste il fondamento di ogni fede.
    Ciò non significa che non ci possano essere molte altre utili regole religiose, le quali definiscono l'applicazione di questa legge nelle diverse circostanze della vita. Queste regole si trovano nei libri di Veda, nel Buddismo, negli antichi libri ebraici, nel Vangelo e nelle dottrine morali successive. Tali sono i comandamenti di Mosè – non tutti – quali: non uccidere, non fornicare; tali sono i comandamenti di Manu: non dire il falso, non lasciarti trascinare dall'ebbrezza; tali sono i comandamenti del Buddismo sulla compassione verso gli animali; tali sono i cinque grandi comandamenti di Cristo, che abbracciano tutta la vita delle persone: 1) non adirarti; 2) non farti trascinare dalla lascivia; 3) non giurare; 4) non commettere violenza; 5) ama i nemici. (pp. 47-48)
  • La morte è orribile solo per colui che non crede in Dio, oppure crede in un Dio malvagio, il che è la stessa cosa. Per colui che crede in Dio, nella sua bontà e vive in questa vita secondo la sua legge ed ha sperimentato questa sua bontà, per costui la morte è solo un passaggio. (p. 50)

Amatevi gli uni gli altri (1907-1909)[modifica]

  • La vita è stata data agli uomini per la loro felicità, loro devono solo viverla al modo giusto.
    Se la gente si amasse, invece di odiarsi a vicenda, la vita sarebbe una continua felicità per tutti. [...]
    C'è un solo modo per far sì che la vita divenga più felice ed è che le singole persone divengano più buone. [...]
    La vostra[4] salvezza, la salvezza di tutti non risiede in una qualsiasi organizzazione malvagia e violenta della società, ma nel perfezionamento della propria anima. Solo attraverso questo perfezionamento ciascun uomo otterrà la massima felicità per sé e per chi lo circonda e il miglior regime sociale possibile. (pp. 53-55)
  • L'amore produce il bene, perché l'uomo, amando, si unisce a Dio e quindi non desidera più nulla per sé, ma desidera dare agli altri ciò che ha, persino la sua vita e in questo dono di se stesso trova la felicità. [...] Amare vuol dire offrire se stessi a Dio, fare la Sua volontà; ma Dio è amore, Egli vuole il bene di tutti [...]. (pp. 59-60)


Non potevo dilungarmi oltre, ma se andate direttamente su wikiquote trovate gli altri.


Qui, per i più pigri(Conosco abbastanza bene le persone), c'èuna piccola biografia dell'autore, se non avete avuto il coraggio di leggere l'articolo precedente.

E poi vi riporto alcuni link interessanti. Diversamente dalle altre volte, non intendo dar nomi ai link, li chiamo solo così: 








E ora, non vi resta che leggere qualche romanzo dell'autore.
Per quelli che dovessero avere troppo caldo in questi giorni per iniziare romanzi impegnativi, ad esempio per Anna Karenina esistono due film e una serie televisiva.
Dunque buona lettura e buona visione!

A domani, col cultura d'estate 63.

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